DALLA DEMOCRAZIA ALLA DEMOCRATURA: IL PASSO E’ BREVE
Lavoratori, al sindacato tocca il compito scomodo di dover difendere i diritti, compito arduo, sempre più difficile, sono tante le ragioni storiche, politiche, sociali, che per motivi di spazio non possiamo qua affrontare, che hanno nel tempo eroso il potere sindacale e la capacità di contrastare il declino dei diritti nel mondo del lavoro. Causa principale sicuramente una generale disaffezione verso gli organi rappresentativi e verso la partecipazione attiva agli stessi. Il principio di delega ci ha deresponsabilizzato, il generale disinteresse per quanto accade al prossimo è allarmante, l’ottusa convinzione di essere degli individui a se stanti è deprimente, la convinzione di far parte di una categoria di lavoro isolata dal contesto generale è micidiale, nei fatti questa mentalità ha nel tempo rafforzato il potere di chi la spara più grossa e promettendo benefici immediati a chi li sostiene, contribuendo ad alzare il devastante vessillo del mors tua vita mea. Venendo meno quel principio di solidarietà e partecipazione sono inevitabili derive autoritarie e restrittive, ancora la saggezza dei latini: divide et impera. Le sempre maggiori limitazioni anche nelle agibilità sindacali, le restrizioni del diritto di sciopero, l’aumento delle pene nel codice penale, la pressione degli organi di polizia e giudiziari nel sistema democratico, uniti alla frammentazione del mondo del lavoro, alla precarizazzione, hanno peggiorato la situazione.
Non da oggi, complice una “sinistra” becera ed asfittica dimentica dei suoi principi fondanti, la politica a demandato a governi tecnici la propria azione deresponsabilizzandosi e approfittando così di gestire il potere alla giusta distanza, dimenticando i fondamentali della nostra Repubblica.
Oggi però si è superato il limite, il primo atto di questo “Governo Meloni”, un governo sfacciatamente di destra guidato da un partito le cui radici affondano nella triste storia della dittatura fascista, emana il suo primo Decreto Legge: con il DM 162 del 31 ottobre 2022, si introduce nel Codice Penale l’art. 434 Bis che nei fatti vieta il diritto di radunarsi. Nella sostanza questo Decreto demanda agli organi di polizia e agli organi giudiziari la discrezionalità, l’arbitrio di intervenire su chi liberamente si raduna, si da ai prefetti un potere abnorme, si scassa l’impianto dell’art 17 della Costituzione. Si introduce un principio legato non solo all’incolumità pubblica ma anche all’ordine pubblico tipico dei Paesi autoritari, degli Stati di polizia, si introduce un principio prognostico perché non ci si riferisce più ad un pericolo concreto ma ad un pericolo possibile, capiamo bene che il bene giuridico da tutelare diventa vago e discrezionale, quale dunque la portata del danno e quale lo scopo? Domande legittime, i più eminenti giuristi, coloro che dovrebbero scrivere le leggi, oggi purtroppo scritte da prefetti evidentemente digiuni di norme elementari del diritto, si sono in coro espressi contro questo decreto, perché consci che questa legge limita la libertà di raduno, si presta ad abusi da parte degli organi prefettizzi, di polizia e giudiziari. La polizia giudiziaria da oggi può introdurre forme di controllo a tappeto su tutta la popolazione, quale la possibilità di intercettazioni telefoniche. Assurde e sproporzionate le pene detentive per chi si raduna e …pùo derivare un pericolo per l’ordine pubblico… attenzione, sottolineiamo il può discrezionale. Nel caso si prefigurasse un possibile e vago pericolo si parla di condanne possibili che vanno da 3 anni a 6 anni di carcere, per gli organizzatori, e per i partecipanti fino a 4 anni di reclusione, dimenticando il principio di ragionevolezza e proporzionalità della pena. Questo accade quando si mettono i prefetti a fare il lavoro dei giuristi, è come se chiedessimo ad un operaio che stende l’asfalto su un ponte, di progettarne uno, il prefetto è un funzionario del sistema, non può essere chiamato a svolgere funzioni che non sa svolgere e che non deve svolgere, la politica torni a coinvolgere chi conosce il diritto e la costituzione, chi conosce le regole del gioco, lasci negli uffici i burocrati e tecnocrati, quello è il loro posto, altrimenti la conseguenza, come sta accadendo, è lo stato di polizia. Ricordiamo per dovere di cronaca, che esisteva già uno strumento efficace che vietava raduni ci riferiamo all’art 633 del C.P. . In un momento di crisi energetica, economica mondiale, con lo spettro di una guerra atomica all’orizzonte, si sentiva la necessità di intervenire sui “pericolosi” RAVE, visto il momento storico da un Governo serio ci saremmo aspettati altri segnali, non spot elettorali finalizzati a compiacere la pancia del proprio elettorato, tesi a rafforzare quella sottocultura che vede nella sicurezza e nell’ordine pubblico la risposta a tutti i problemi del Paese. Concludiamo con un
APPELLO
Prima come esseri umani, poi come cittadini, come lavoratori non possiamo accettare leggi da Stato di polizia, diffondiamo il messaggio il più possibile usando tutti i mezzi a nostra disposizione, social, e mail, scriviamo ai deputati e senatori della nostra regione, scriviamo al Presidente della Repubblica in qualità di garante della Costituzione. Prepariamoci alla mobilitazione se questa vergognosa legge passerà senza radicali modifiche.
Facciamo sentire la nostra voce, che arrivi forte nelle stanze del potere, nel 1921 molti sottovalutarono il momento sociale che stavano vivendo, la storia poi ha descritto cosa accadde. Oggi non tornerà il fascismo, ne siamo coscienti, ma ci sono tante forme di dittatura ancor più subdole e nefaste, non abbassiamo la guardia.
Noi come sindacato faremo la nostra parte, ma un sindacato che non ha con se i lavoratori non è niente, senza partecipazione la democrazia muore.
Il Consiglio Nazionale USB VVF