QUANDO UN RICORSO PUO’ SIGNIFICARE AVER VENDUTO L’ANIMA AL DIAVOLO
Da settimane assistiamo ad una campagna mediatica e propagandistica sul ricorso alla Corte Europea – Sezione Diritti Umani, che una ben nota organizzazione sindacale sta promuovendo su tutto il territorio, ricorso atto ad ottenere un indennizzo da parte dello Stato Italiano per ben 10 anni di mancata equiparazione alla Polizia di Stato. Fin qui diremmo tutto bene, è legittimo il ricorso per vantare un diritto, ma, analizzando nel dettaglio le notizie che trapelano, ci poniamo delle domande alle quali ci piacerebbe avere una risposta.
Iniziamo con l’analizzare i dettagli del ricorso:
- Il ricorso verrà presentato direttamente alla Corte Europea – Sezione diritti umani;
- Lo studio di avvocati che gestirà il ricorso, ne ha già vinto uno uguale per i Carabinieri;
- Vengono richiesti fino a 10 anni di arretrati;
- Il costo del ricorso per gli iscritti è di soli 20 euro senza spese di soccombenza, per i non iscritti sono 120 euro più le spese di soccombenza;
- Pagherai lo studio di avvocati in base a quanto credito recupererai e solo quando ti avranno versato i soldi.
- Promettono incassi dai 500 ai 20.000 euro in base alla qualifica.
Queste sono le notizie che normalmente vengono esposte ai colleghi per invogliarli ad aderire al ricorso. Incuriositi anche noi dalla possibilità di recuperare migliaia di euro andiamo sul sito internet della Corte Europea e nella Home Page leggiamo: A partire dal 16 marzo 2020, la Corte ha esteso il termine sancito dall’articolo 35 della Convenzione, secondo il quale i ricorrenti hanno a loro disposizione un termine di sei mesi dall’esperimento delle vie di ricorso interne per introdurre un ricorso presso la Corte.
Quindi alla Corte Europea ci si rivolge solo dopo aver esperito delle vie di ricorso interne? Cerchiamo disperatamente qualche sentenza che ci neghi l’equiparazione e troviamo solo un documento del 2001, sempre dello stesso sindacato. Cavolo, però 6 mesi sono già passati e anche sfruttando la proroga dei termini per l’emergenza Covid-19 siamo comunque fuori. Inoltre poiché il ricorso deve essere individuale, dubito che tutti i nuovi ricorrenti abbiamo già esperito ogni possibile via interna e possano impugnare davanti alla Corte una sentenza nazionale.
Leggendo le regole di ammissibilità di un ricorso alla CEDU, “in assenza di un ricorso il termine semestrale decorre dalla data in cui è avvenuto l’atto lamentato o dalla data in cui il ricorrente è stato direttamente colpito o informato di tale atto o dei suoi effetti avversi “; quindi se vogliamo intendere che con la Legge n. 160 del 27/12/2019 (165 ML per la valorizzazione del CNVVF) il personale sia stato colpito da un atto avverso nei suoi confronti, siete liberi di crederlo.
La semplice dimostrazione del carattere patrimoniale di una controversia non è di per sé sufficiente ai fini dell’applicabilità dell’aspetto civile dell’articolo 6 della Convenzione.
Per non dilungarci troppo, su tutti i vari aspetti dubbi inerenti alla fondatezza del ricorso vi invitiamo a leggere la guida pratica sulle condizioni di ricevibilità.
Riguardo la notizia che sia già stato vinto dal personale dei Carabinieri un ricorso simile, abbiamo cercato notizie sul sito della Corte Europea, sul sito del Ministero della Giustizia e sul sito dello studio legale, ma la ricerca non è andata a buon fine, quindi se qualcuno fosse in grado di farcelo vedere, ne saremmo ben contenti.
Sulla richiesta di 10 anni di arretrati la prima domanda che ci poniamo è: ma in Italia, dopo 5 anni non c’è la prescrizione sui debiti/crediti della Pubblica Amministrazione? La seconda è: quindi esiste una norma di almeno 10 anni fa che diceva che il nostro stipendio doveva essere al pari di quello della Polizia di Stato? Anche qui se qualcuno riesce a trovare la norma è bravo, possiamo concedervi l’art. 133 della Legge n. 160 del 27/12/2019 “Allo scopo di adottare provvedimenti normativi volti alla valorizzazione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, anche nell'ottica di una maggiore armonizzazione del trattamento economico con quello del personale delle Forze di polizia…. omissis” ma stanzia i fondi a partire dal 2020, quindi diventa difficile chiedere un danno per anni indietro quando la norma non esisteva. Ah, vi ricordo che per l’art. 28 (ore guida) il massimo che l’Amministrazione ha risarcito sono stati 5 anni… per i fortunati che li hanno presi…
Dopo un breve ragionamento sulla base giuridica del ricorso, sicuramente non esaustivo ma che deve farci pensare vediamo le modalità di presentazione del ricorso. Il sindacato concorda con lo studio legale una quota di 20 euro garantendo di non dover versare in futuro nessuna somma aggiuntiva in caso di rigetto e tutelando l’iscritto dalle spese di soccombenza (controllate, ma nelle FAQ della Corte Europea scrivono “Se la Corte non constata alcuna violazione, Lei non sarà tenuto a farsi carico di alcun onere supplementare (in particolare per quanto concerne le spese sostenute dal Governo convenuto)”, un vero sindacato, se è sicuro di quello che sta promuovendo, paga di tasca propria un ricorso per i propri iscritti.
Il rimborso promesso oscilla dai 500 ai 20.000 euro in base alla qualifica, per ogni scaglione è prevista una quota da versare allo studio legale che va da 350 a 4.000 euro più il 26% (CNF e IVA) che non sappiamo se inteso sull’intero rimborso ricevuto o solo sulla quota forfettaria spettante al professionista. Ecco che allora le cifre reali iniziano a scendere, qualcuno si è fatto i conti? Comunque piuttosto che niente, è meglio piuttosto; direbbe qualcuno.
Ipotizzando che quasi tutti i tesserati aderiscano all’iniziativa e forti del loro 23,40% di rappresentanza, si raccoglie una cifra di circa 100.000 euro destinata allo studio legale. La propaganda degna di essere considerata “pubblicità aggressiva” inizia a coinvolgere tutti coloro che di sindacato mai ne avrebbero voluto sentir parlare, ma allettati dalle cifre promesse e dalla piccola quota da versare, non rischiano i 120 euro e la minaccia delle spese di soccombenza e cosi si armano di penna e iniziano a firmare deleghe come se non ci fosse un domani, dimenticando forse che ogni mese la delega comunque dovranno pagarla.
Si innesca così un’impennata di tesseramenti che mai si sarebbero aspettati, ed ecco che il termine viene prorogato da fine aprile a fine maggio. Più soldi per uno, più tessere per l’altro.
Perché allora un ricorso significherebbe vendere l’anima al diavolo?
Quanto potrà durare in termini di tempo questo ricorso? Nessuno può dirlo, la stessa Corte Europea sul suo sito afferma che a causa dell’alto numero di ricorsi presentati “è possibile che la Corte proceda al primo esame del Suo ricorso dopo un anno dalla sua introduzione”.
Quando domani, non sarete più in sintonia con questo sindacato perché magari appoggia una folle idea di distribuzione dei 165 milioni, dove i vigili con meno di 14 anni non prendono pressoché niente, i CS e CR prendono meno dei VC e i direttivi se la ridono perché si mangiano tutto il malloppo, avrete la forza di togliere la tessera sapendo che il ricorso è ancora in piedi e che potreste andare incontro a delle eventuali spese di soccombenza poiché non più tesserati?
O vi sentirete legati ad un filo che vi ha inibito la libertà di decidere ciò che volete?
Colleghi, lo spunto per riflettere ve lo abbiamo dato, ponete queste domande a chi si prodiga sindacato del recupero crediti e approfondite voi stessi.
La decisione finale spetta sempre a voi, speriamo che tutto quello che abbiamo scritto sia errato e vi auguriamo buona fortuna.
Uomo avvisato, mezzo salvato. Ma sicuramente ci stiamo sbagliando.
Per il Consiglio Nazionale USB VVF
Fabio BONORA