GESTIONE TAMPONI TURNO C IN CENTRALE A BOLOGNA

Bologna -

 

Alla C.A. del Comandante Provinciale di Bologna

Ing. Natalia Restuccia

 

E.p.c. del Direttore Regionale

Ing. Michele De Vincentis

 

Oggetto: Gestione tamponi turno C in centrale

 

A seguito dell’incontro che si è tenuto con l’OO.SS., la dirigenza e il medico competente, ci preme segnalare che le riposte date non sono state sufficienti e soddisfacenti. Vogliamo infatti ribadire che la gestione della recente messa in “quarantena” dei lavoratori del turno C è stata a nostro avviso arbitraria, che non ha tenuto conto degli elementi oggettivi.

Ricostruiamo a beneficio della cronaca sinteticamente quanto è avvenuto, per poi porle delle domande precise.

 

In data 24 ottobre 2020 (turno C in servizio) un collega comunicava la positività al tampone, lo stesso collega aveva effettuato l’ultima guardia con il turno, la notte fra il 13 e 14 di ottobre. Nel pomeriggio dello stesso 24 ottobre il Comando decideva di mandare a casa l’intero turno della centrale C, senza distinguere tra chi aveva avuto contatti stretti e chi no. Ci risulta che ci fu un tentativo di spiegare la mancanza di “contatti stretti “ fra la maggior parte del personale e la persona positiva, ma senza alcun risultato, nonostante la circolare  n. 18079 del 16.10.2020  spieghi la definizione di “contatto stretto” e di come comportarsi, tutto avveniva per via verbale, attraverso il capo turno, il Comando non faceva uscire nulla di scritto, nessun modulo di quarantena veniva compilato, la posizione delle 26 persone lasciate a casa era per gli stessi malcapitati, ignota; i colleghi comunicavano stupefatti fra di loro senza sapere come comportarsi. Siamo in isolamento? Siamo in quarantena? Ci faranno tampone? Ci toglieranno le ferie, che tipo di assenza è questa? Tutte domande legittime, senza alcuna risposta confortante. Finalmente in data 28 ottobre (a 15 giorni dall’ultimo contatto con il collega positivo) il Capo Turno della sede centrale del C (anch’esso a casa) comunicava ai “dimenticati” che in data 31 ottobre si sarebbe effettuato il tampone presso uno dei centri prelievi di Bologna, così i “ventisei” si recavano presso il centro tamponi di via Michelino mettendosi diligentemente in fila, scoprendo con stupore, una volta arrivati all’accettazione, che i nominativi non erano presenti nell’elenco di giornata. I sanitari, capita la situazione assurda, non se la sono sentita di rimandare a casa i vigili, decidendo di fare comunque i tamponi. A 18 giorni dall’ultimo contatto non stretto, finalmente il tampone era effettuato. La sera del 2 Novembre arrivano i risultati, tutti negativi, nessuno infatti aveva sviluppato nei 20 giorni trascorsi, alcun sintomo. Gli stessi comunicavano, di propria iniziativa al medico competente del Comando il risultato negativo del tampone; ma dopo 24 ore ancora nessuna comunicazione di riammissione in servizio, tra la gioia di sapersi negativi, si è presto manifestata la rabbia di aver subito un abuso.

 

Vogliamo ora porre alcune domande:

-       Con quale criterio si è costretto al tampone ventisei vigili senza alcun discrimine tra chi era entrato in stretto contatto con il positivo e chi no?

-       Con quale motivazione dopo 18 giorni, senza che si siano verificati sintomi in nessuno dei ventisei colleghi, si è comunque deciso di attendere un tampone a quel punto chiaramente inutile, considerando che lo stesso ministero della salute, indica in 14 giorni senza sintomi la fine della quarantena?

-       Come mai i vigili si sono trovati in fila davanti all’ambulatorio per il tampone scoprendo di non essere in nessuna lista, sentendosi anche dire che in questi casi ci sono “corridoi preferenziali”? Perché a questo comando non risulta? Ci si è mossi per verificare o nel caso chiederli, questi “corridoi”?

-       Perché non ci sono state comunicazioni chiare al personale, non risulta nessuna disposizione di messa in quarantena e di rientro in servizio? Infatti i colleghi hanno ottemperato in “fiducia” al fatto di starsene a casa, senza alcun obbligo, perché non esisteva traccia documentata della quarantena, i documenti presso l’ufficio sanitario quando sono stati compilati? Forse contestualmente alla riammissione in servizio? Avvenuta anche questa per via spontanea.

-       Quanto reddito si è fatto perdere a questi lavoratori che inutilmente sono stati messi a casa senza poter percepire indennità accessorie e poter esplicare servizi di istituto a pagamento? Senza considerare la limitazione della libertà personali e di movimento (che il personale si è autoimposto) che una situazione del genere implica, senza considerare l’impatto sulla gestione familiare.

-       Quanto ne ha risentito il dispositivo di soccorso, che per carenze indotte da decisioni affrettate si è dovuto rimodulare al minimo?

 

Crediamo utile come organizzazioni sindacali denunciare quello che a noi e ai lavoratori è apparso un abuso, una gestione scomposta, dettata a nostro avviso da un eccesso di precauzione senza aver valutato con il necessario criterio una situazione che non aveva i presupposti dell’emergenza ma lo è diventata. Non possiamo permetterci in futuro che si ripetano episodi simili, pena il blocco del dispositivo di soccorso, cosa avverrebbe se in un giorno scoprissimo quattro positivi in quattro turni diversi? I lavoratori sono arrabbiati, frustrati e coscienti di essere stati vittime di una cattiva gestione della problematica in questione da parte di questo comando.

Attendiamo puntuali delucidazioni.

 

DOCUMENTO A FIRMA dei provinciali USB;UIL;Confsal; Conapo