BRUCIA E NON È EMERGENZA!?!

Roma -

 

Al Ministro dell'Interno
Prefetto Luciana LAMORGESE

 

Dipartimento dei Vigili del Fuoco del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile
Capo Dipartimento

  Prefetto Laura LEGA

 
Tramite:                                                                                              
Ufficio I - Gabinetto del Capo Dipartimento
Capo del Gabinetto del Capo Dipartimento
Viceprefetto Alessandro TORTORELLA
 

 

Oggetto: brucia e non è emergenza!?!

 

Visto che è ormai prassi che le innumerevoli emergenze territoriali che coinvolgono una massiccia partecipazione del personale del CNVVF, non sono mai decretate, lasciando di conseguenza enormi vuoti normativi per la definizione del trattamento economico e normativo del personale VVF interessato. Rammentiamo che proprio in virtù di queste mancanze, che avvengono ormai sistematicamente ogni qualvolta assistiamo ad una emergenza territoriale, abbiamo espresso forti perplessità proclamando addirittura lo stato di agitazione al momento della discussione e pubblicazione della circolare EM.01-2020, che riteniamo tra l’altro assolutamente opulenta e troppo burocratica che non si addice certo a chi dovrà operare in situazioni emergenziali. In merito alle situazioni emergenziali non decretate ad oggi abbiamo solo o quasi come riferimento la circolare a firma dell’allora Capo del Corpo Pini del 20 Marzo 2014 utile a nostro avviso perché mette finalmente degli importanti paletti per quanto concerne le sostituzioni del personale inviato nei luoghi emergenziali prima di allora i Comandanti Provinciali non disponevano di alcuna normativa che autorizzasse il richiamo del personale (Art 4). Rimangono invece enormi vuoti normativi per ciò che riguarda il riconoscimento delle ore di lavoro che spetteranno al personale inviato nei luoghi emergenziali; infatti, le attuali disposizioni consentono una generica certificazione successiva da parte del Comandante Provinciale dove si verifica l’evento! Altro aspetto riguarda le ore di riposo dopo il rientro dall’emergenza nella sede di servizio, ove l’unico riferimento normativo è quello dell’art 36 CCNI del 2000 ma riferito alle emergenze decretate. Nello specifico cercheremo di essere più chiari e di esporre l’argomento motivo di questa nostra doglianza, ma per fare ciò dobbiamo partire dalla circolare EM 01.2020. Sicuramente è una circolare che introduce timidamente delle novità, vedi ad esempio sinergie con il sistema di protezione civile. Timidamente perché poi nel concreto non vediamo atti che fanno sperare che il nostro sistema di attivazione alle emergenze possa poi interagire con tutti gli enti preposti al soccorso. Abbiamo da subito espresso queste perplessità, tanto vero è che abbiamo proclamato più stati di agitazione nazionali nell’attimo in cui rendevate operativa la circolare sopracitata, ritenendola troppo macchinosa per un corpo nazionale poiché nel momento della sua applicazione, quando concretamente si devono mettere in atto le direttive della circolare e operare in situazioni emergenziali con tempi contingentati, si sarebbe creato caos e confusione. Gli ultimi avvenimenti ci continuano a dare ragione. La mancanza di sinergie codificate con l’intero apparato di protezione civile, la mancanza di centrali operative unificate negli scenari emergenziali, la mancanza di dialogo con gli enti locali per prendere conoscenza di eventuali ambienti idonei che possono ritornare utili ai VVF in particolari situazioni, sono le criticità su cui vi chiediamo di intervenire. È sufficiente riguardare le criticità intercorse nelle ultime emergenze territoriali, specialmente quelle di tipo AIB, e ci rendiamo facilmente conto che i nostri dubbi erano fondati. Più squadre che si trovano nello stesso intervento, ad esempio squadra VVF e squadra protezione civile perché non è stata improntata una sala operativa unificata, oppure le difficoltà del nostro personale a reperire idonei spazi riparati, all’asciutto ed al caldo per cambiarsi o riposarsi dopo aver trascorso ore ed ore di lavoro. Questo a causa del fatto che non è mai stato intrapreso un dialogo con gli enti locali per individuare spazi idonei, senza doverci inventare campi base per emergenze che durano pochi giorni ed hanno solo lo scopo di distogliere personale dalle dirette operazioni di soccorso. Se andiamo ad analizzare la totalità di emergenze territoriali legate a condizioni meteo avverse (Pioggia, vento, siccità con conseguenti incendi boschivi), vediamo che la totalità di esse non sono decretate in tempo utile, alcune non verranno mai decretate, altre verranno decretate ma quando succede ciò il nostro intervento è già terminato. Quindi abbiamo un importante e drammatico vuoto normativo. Mentre nella circolare EM 01 2020 che appunto norma le situazioni emergenziali decretate, e quindi vengono definite le fasi operative, gli orari di lavoro , i tempi del recupero psicofisico ove vi è anche un preciso riferimento normativo, e cioè quello del contratto collettivo nazionale integrativo del 2000 art. 36 e precisamente  al comma 3, dove si parla chiaramente di 24 ore di riposo prima di essere reinserito nei turni ordinari, ed  il comma 4 sempre del medesimo articolo che indica chiaramente che le 24 ore decorrono dall’arrivo del personale nella sede di appartenenza. Invece la realtà è che le nostre emergenze ultimamente non sono mai decretate e quindi si lavora senza questi importanti riferimenti normativi. Non esistono fasi emergenziali, non esistono quindi neppure certezze di tempi di permanenza dei soccorritori negli scenari emergenziali e non esistono normative certe sui tempi di recupero. Infatti, e vi preghiamo di smentirci con atti concreti, i tempi o fasi di lavoro vengono poi certificati dal comandante del territorio in cui succede l’evento. Infatti si fa un generico riferimento a pagina 3 della scheda numero 9 della circolare EM 01.2020 in cui si specifica che il personale impegnato in queste fasi non decretate sarà considerato in servizio h 24  se impegnato in operazioni di soccorso di tipo SAR, e successivamente  il personale sarà chiamato a svolgere un orario di servizio che si articolerà su orari che vanno dalle 12 ore sino alle 18 ore, dopo attestazione che avverrà  dopo che il comandante avrà attestato l’orario di effettivo servizio svolto e ne avrà data comunicazione ai comandi  di provenienza, al fine di determinare dell’eventuale orario straordinario da mettere in liquidazione. I rimpiazzi nei comandi, per sopperire alle carenze di quel personale inviato nell’evento calamitoso sono semplicemente regolati in base a criteri non codificati, ma facendo riferimento alla circolare Pini del 20 Marzo 2014, frutto sicuramente di una mediazione tra le parti, ma non di certo di un complesso ragionamento sulle reali criticità dei comandi. Ciliegina finale sulla torta sono le ore di riposo dopo il rientro dagli scenari emergenziali. Non avendo fasi operative emergenziali codificate assistiamo ad interpretazioni non in linea con il sopracitato contratto integrativo nazionale all’art 36 commi 3 e 4. Infatti, nelle direzioni viene impartita la direttiva “in attesa di precise indicazioni con la DCEMER”, che ovviamente non arrivano, e quindi si riconoscono solo 12 ore di riposo magari facendo riferimento al Decreto legislativo 66 del 2003. Sempre che tra vigilanze, boschive e chissà cosa altro non si esca dalla porta a si rientri dalla finestra. A più riprese, dopo ampia discussione sulla tematica in oggetto, l’amministrazione conveniva sulla validità delle nostre rivendicazioni. Ma ad oggi si vive in emergenza ma non si decreta nulla, perché??? Ma avete compreso la gravità e la complessità del problema???

Alla luce di quanto in parola si fa richiesta di incontro urgente.

 

il Coordinamento Nazionale USB VVF