Volontari NBCR, la nuova frontiera.

Alla C.A. Ing. Domenico Riccio Direttore Regionale

Alla C.A. Ing. Antonio La Malfa Comandante Provinciale

 

Bologna -

Inviamo questa lettera per raccontare una storia, accaduta in una nebbiosa mattinata di novembre nella bassa bolognese.

Il giorno e il luogo non ci interessano, perché non vogliamo fare processi ai protagonisti di questo racconto, ma ci preme che quello che è accaduto, non accada più.

Dicevamo, in una nebbiosa mattina autunnale una cisterna di ossigeno liquido da 25 tonnellate si ribalta, sul posto viene inviato il distaccamento più vicino, che è volontario. Fino a qui tutto normale, peccato che non viene inviata una partenza permanente in appoggio come previsto per interventi di una certa rilevanza.

I volontari rimangono soli per circa un’ora e mezza fino all’ arrivo del funzionario di servizio da Bologna, nel frattempo si è provveduto ad avvertire la Direzione Regionale VVF e il COM1.

A due ore e mezza dall’evento si invia il fax per richiedere l’intervento del nucleo travasi di Venezia, e solo (si fa per dire) quattro ore e mezza dopo l’incidente, arrivano sul posto i mezzi NBCR con personale formato dal Comando di Bologna.

Due mezzi e tre unità, non stiamo parlando di uno spiegamento di forze, quindi non un nucleo NBCR, ma personale prelevato da altre partenze con “specializzazione” in questo ambito.

A questo proposito come RdB cogliamo l’occasione per ribadire la nostra contrarietà all’invio in situazioni di soccorso di mezzi con il solo vigile autista come in questo caso, dobbiamo garantire almeno due uomini per mezzo.

Abbiamo messo specializzazione tra virgolette in quanto non è riconosciuta in termini economici ed anche perché il mantenimento della formazione è minimo, pregiudicando uno standard che in questi ambiti deve essere massimo.

Nonostante Bologna sia uno snodo, sia ferroviario che autostradale di enorme importanza, il Comando non è in grado di mettere a disposizione personale per effettuare travasi di sostanze pericolose in maniera autonoma, per mancanza, appunto lo ripetiamo, di uomini, mezzi e formazione.

Questa storia realmente accaduta, ha messo in evidenza un utilizzo improprio dei volontari, lasciati praticamente soli a gestire per lungo tempo una situazione di pericolo elevato, che richiedeva conoscenze tecniche e mezzi di cui i volontari non dispongono.

Crediamo dunque che ci sia stata una sottovalutazione del pericolo e di conseguenza una gestione approssimativa dell’emergenza per un caso come questo, che poteva avere effetti rilevanti sugli uomini intervenuti e sulla popolazione dell’area interessata dall’incidente.

Se trasliamo tutto in termini generali, tutto quello che abbiamo raccontato è solo la solita vecchia storia, fatta di politici che parlano di sicurezza, non capendone nulla, fatta di dirigenti che sono sempre più manager e sempre meno Pompieri, che pretendendo sempre più efficienza e professionalità da una struttura che ha sempre meno soldi, dunque meno uomini e mezzi.

Si investe nell’apertura di nuovi distaccamenti volontari a discapito di quelli permanenti, poi li impieghiamo “logicamente” anche per interventi ad alto rischio.

Che siano le prove generali della sostituzione totale dei permanenti?

Non ci sorprenderebbe, in fondo un dirigente, come l’ ing. La Malfa, comandante di Bologna, ha dichiarato a “La Repubblica” (Domenica 29 novembre): “Aumentano i nostri interventi servirebbero più volontari”.

Mentre noi dell’RdB denunciavamo nella stessa pagina la grave situazione del comando di Bologna, il dirigente appena citato non solo minimizzava la carenza di permanenti, ma anzi chiedeva più volontari, ogni commento è superfluo.

Vi abbiamo raccontato questa storia con la speranza che eventi del genere in futuro sia gestiti diversamente.