UNA SENTENZA STORICA: POMPIERE MUORE PER NEOPLASIA, IL MINISTERO DEVE PAGARE.

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Ci è stata segnalata una sentenza della Corte d’Appello di Milano riguardante una causa di lavoro di un collega, causa promossa contro il Ministero degli Interni per il riconoscimento di un risarcimento danni per una terribile malattia contratta dopo 25 anni di servizio. Purtroppo questa sentenza  arriva molti anni dopo la morte del  collega del Comando di Lodi, sopraggiunta per  neoplasia polmonare il 28 ottobre 2003 all’età di 46 anni. Questa sentenza non può certo restituire la vita a nessuno, ma può, grazie ad un indennizzo, aiutare ad assicurare un futuro migliore a chi rimane, in questo caso, alla moglie e alle figlie.

Questa sentenza crea un precedente, soprattutto individua responsabilità precise dell’Amministrazione nei riguardi dei lavoratori per quanto attiene la sorveglianza sanitaria e la salute negli ambienti di lavoro. Il caso di Mauro Pizzi, questo il nome dello sfortunato collega, è esemplare, conferma quello che noi denunciamo da anni, cioè la insalubrità di molte sedi di servizio e una non idonea sorveglianza sanitaria sullo stato di salute dei lavoratori.

 

Nella sentenza si legge: “Le conclusioni cliniche [ ….] confermano l’esposizione del Pizzi che, pur svolgendo mansioni da autista, era direttamente coinvolto nelle operazioni di spegnimento, alle emanazioni nocive dei prodotti della combustione, della insufficienza di indumenti di protezione per tutta la squadra, della aspirazione dei fumi emessi dalle auto quando i motori erano accesi nei locali della caserma; [….] La responsabilità del datore di lavoro si delinea quindi, come fanno giustamente rilevare le appellanti, in una serie di violazioni omissive quali la mancanza o insufficienza di adeguati dispositivi di protezione individuali da ceneri, gas e fumi velenosi, emersa dall’istruttoria; dalla mancanza di sistemi di aspirazione dei gas di scarico e dalla collocazione delle camere poste al piano superiore del garage, senza chiusura, pure emersa dall’istruttoria. Si tratta di comportamenti omissivi che hanno rivestito un ruolo causale diretto nella produzione della malattia. A tanto deve aggiungersi che una diagnosi tempestiva dell’insorgente patologia, nel rispetto dei protocolli che prevedono visite mediche periodiche […] avrebbe consentito interventi terapeutici efficaci quanto meno a prolungare nel tempo le speranze di vita del soggetto. Come fanno rilevare , ci si trova di fronte ad  un ulteriore comportamento omissivo che, come ha osservato il ctu, ha svolto un sicuro rilievo causale nel non consentire il contenimento del danno già arrecato. “

 

Da questo breve estratto della sentenza si riconoscono gravi responsabilità all’Amministrazione che non ha fornito i necessari DPI, non ha provveduto ad attuare le dovute opere di messa in sicurezza dell’ambiente di lavoro e in ultimo non ha provveduto ad assicurare efficaci controlli medici. Inevitabile porsi alcune domande: il Pizzi è l’unico che si è ammalato per queste cause? Quanti in passato hanno purtroppo avuto la stessa sventurata sorte? Quanti sono morti per cause di servizio mai riconosciute, perché mai denunciate? Quanti Pompieri ancora oggi rischiano di ammalarsi a causa di evidenti mancanze da parte dell’Amministrazione?

Sono passati vari anni da quando il Pizzi ci ha lasciato, ma le condizioni purtroppo in molte realtà non sono cambiate. Le visite mediche addirittura si sono protratte nel tempo, da 24 mesi a 30 mesi, quando va bene; parliamo dei DPI, gli autoprotettori nelle partenze spesso non sono in numero sufficiente per coprire il numero dei componenti della squadra, spesso l’autista non ne ha uno a disposizione rimanendo esposto ai gas nocivi. Le caserme cadono a pezzi e oltre le vergognose condizioni igienico sanitarie di molte sedi, si ha il problema di un ricambio di aria adeguato e di inquinamento ambientale elevato.

Tutto questo aggravato dalla irragionevole ed ingiusta legislazione che ancora oggi, nonostante una letteratura scientifica ampia, che dimostra quali conseguenze fisiche procuri il mestiere del vigile del fuoco, non riconosce il carattere usurante di questa professione.

 

La battaglia legale promossa da questa famiglia non restituirà un marito, o un padre, o un collega, ma deve essere un riferimento per sostenere iniziative collegiali o personali, perché si promuova la cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro, una cultura che deve radicarsi in noi tutti.  Non dobbiamo più accettare le deboli giustificazioni di un’ Amministrazione sempre più povera, non solo nel portafoglio, ma anche nello spirito, nelle capacità organizzative.

Oggi, basti pensare a quello che sta accadendo all’ILVA di Taranto, il lavoro pare venire prima della salute: questo non possiamo accettarlo, non c’è risarcimento, non c’è stipendio che valga una vita. Accettare la logica del compromesso, sacrificando la salute sotto il ricatto del posto di lavoro è disumano, è inaccettabile.

 

 

 

*Segue in allegato la sentenza

 

NB: La USB promuoverà sul territorio una ricognizione sullo stato delle sedi di servizio e sullo stato dei DPI in dotazione nei vari Comandi.  Chiediamo a tutti la massima partecipazione, la massima collaborazione: segnalateci al nostro indirizzo di posta elettronica (vigilidelfuoco@usb.it) la situazione nella vostra sede di servizio, magari corredato da due/tre foto.