Se la difesa civile serve a gestire lo stato d'emergenza in Italia

Un convegno-dibattito oggi a Roma promosso dalle Rdb

di Gemma Contin di Liberazione

 

 

 

Roma -

«Ferrovieri, impiegati delle poste, insegnanti, operatori dei servizi, studenti e tanti altri, attivamente o passivamente impegnati nel movimento, con le loro manifestazioni, le loro dichiarazioni, le innumerevoli riflessioni che hanno attivato e che il coperchio mediatico si sforza invano di soffocare, hanno posto dei problemi assolutamente fondamentali, troppo importanti per essere lasciati nelle mani di tecnocrati tanto boriosi quanto incompetenti, e cioè: Come restituire ai principali interessati, vale a dire a ciascuno di noi, l'illuminata e ragionevole definizione del futuro dei servizi pubblici (salute, istruzione, trasporti, ecc.), in collegamento con coloro che, negli altri paesi dell'Europa, sono esposti alle stese minacce?»

Con questo quesito posto una decina d'anni fa da di Pierre Bourdieu, si apre la pubblicazione curata dalla federazione Rdb-Cub del Pubblico impiego dal titolo: «La difesa civile. Effetti e conseguenze sul mondo del lavoro e sulla popolazione» che verrà presentata oggi a Roma, alle 15, 30 nella Sala Cristallo del Centro congressi Montecitorio, nel corso di un convegno aperto dalla relazione di Paola Palmieri, della direzione nazionale Rdb Pubblico impiego, e concluso da Stefano Del Medico, del coordinamento nazionale Rdb Vigili del Fuoco.

Gli argomenti, è il caso di dire "messi a fuoco", riguardano: «La difesa civile oggi, Lo strumento "ordinario" dello stato d'emergenza, La militarizzazione di alcune funzioni dello Stato, I costi della militarizzazione e, infine, Una proposta alternativa di protezione civile». Al dibattito sono stati invitati sia rappresentanti della società civile come Falco Accame, presidente dell'Associazione familiari delle vittime delle Forze armate, sia alti funzionari delle istituzioni come il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento Vigili del Fuoco, Soccorso pubblico e Difesa civile, sia gli esponenti di tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento, tra cui il capogruppo di Rifondazione comunista al Senato Gigi Malabarba e l'ex ministro dei Lavori pubblici Nerio Nesi.

Con la questione della "difesa civile" siamo al centro di un crociccchio la cui storia non sempre è stata né limpida né luminosa. Basti pensare a certe fascinazioni dei Servizi deviati, della Destra e ora della Lega sulla "militarizzazione del territorio" contro i nemici interni ed esterni (dalle legioni di "gladiatori" contro i comunisti all'uso dei cannoni contro i "Bingo Bongo"), o alla controversa dislocazione della Protezione civile sotto l'egida del Ministero dell'interno, o alla difficile accettazione del Servizio civile in sostituzione del Servizio militare che ha tormentato tante generazioni di obiettori.

Oggi, a due anni dall'attacco dell'11 settembre alle Twin Towers e dopo la partecipazione alla guerra all'Iraq decisa dal governo Berlusconi che ha già prodotto a Nassirya 19 vittime tra i militari italiani, le Rdb-Cub del Pubblico impiego si fanno carico di questa annosa complicata e delicatissima questione, oggi più attuale che mai alla luce di nuovi e reiterati timori di attacco terroristico sul territorio nazionale, con una critica all'egemonia degli apparati militari su alcuni settori civili (porti, aeroporti, grandi stazioni) e di natura civile (poste), in relazione anche alla dichiarazione dello stato di emergenza (documento n. 3275 del 28/3/03) da parte del presidente del Consiglio, quando vennero attribuiti ruoli speciali al capo Dipartimento della Protezione civile, con la funzione di Commissario delegato «per l'assunzione di tutte le iniziative necessarie per ridurre al minimo le possibilità di danni alle popolazioni in conseguenza di eventi di natura terroristica».