QUANDO I LAVORATORI SCENDONO IN PIAZZA CONTRO SE STESSI:

cortocircuito sociale, si rivendica il diritto ad ammalarsi pur di mantenere il posto di lavoro.

Sarà lo spread alto, sarà la crisi, sarà la disastrosa situazione occupazionale, specialmente del sud, sarà la cattiva politica, saranno anni e anni di pessima attività sindacale dei soliti noti, sarà quello che sarà, ma ciò che accade in questi giorni a Taranto con il caso ILVA è un cortocircuito sociale! Stiamo assistendo a uno dei tanti paradossi della nostra società: una parte dei lavoratori di questo colosso industriale scende in piazza per rivendicare il diritto ad ammalarsi pur di mantenere il posto di lavoro. Avete letto bene, perché di questo si tratta, senza giri di parole, il ricatto di un posto di lavoro è tanto forte da portare gli operai dell’impianto siderurgico a chiedere di continuare a lavorare a qualunque condizione.

Poco importa che i dati scientifici dimostrino un aumento di alcuni tumori anche del 30% in più della media nazionale per i cittadini che abitano in prossimità dell’area industriale, poco importa che Taranto è considerata la città più inquinata d’Europa. L’ILVA a Taranto rappresenta migliaia di posti di lavoro, secondario che sia anche la causa di centinaia di morti per varie forme tumorali riconducibili a cause ambientali certe.

La magistratura dopo anni finalmente decide di intervenire a tutela della salute pubblica e di tutti i lavoratori. Purtroppo però la paura e l’ignoranza hanno avuto il sopravvento su una parte dei lavoratori di questi impianti, che si sono da subito schierati con l’azienda per continuare a produrre ad ogni costo, forse a costo della vita dei loro stessi familiari, perché non si scommette solo sulla propria vita, ma anche sulla vita degli altri, di tutti i cittadini di Taranto.

Il governo e parte della politica hanno visto nell’intervento della magistratura come una ingerenza inaccettabile. L’economia innanzitutto, l’occupazione ad ogni costo ed in ogni condizione, questo pare ci venga detto.

I partiti, i maggiori sindacati? Qualcuno si è espresso da subito per difendere il diritto al lavoro, dimenticando quello alla salute, altri timidamente si sono defilati in un  mugugno poco comprensibile, rari i casi di appoggio incondizionato al lavoro dei magistrati.

Se oggi la magistratura interviene è perché nessuno in questi decenni si è preoccupato di disinnescare quella bomba ecologica che è l’ILVA.

La storia di questo colosso industriale è uno spaccato della storia di questo Paese, fatta di scelte sbagliate di politiche clientelari, di politici opportunisti e di imprenditori senza scrupoli. I costi sociali si sommano ai costi ambientali. Anni di denuncie sempre ignorate con la complicità di molte istituzioni dello Stato. Contribuisce  anche l’indifferenza di molti sindacalisti che per mantenere il livello occupazionale hanno di fatto avvallato le logiche aziendali, ignorando i danni ambientali e la salute dei lavoratori. Colpisce l’atteggiamento fatalista di molti operai che per anni, ogni giorno, hanno scommesso e scommettono sulla loro vita in una sorta di roulette russa con il cancro.

L’USBVVF ha deciso di scrivere su questo delicato argomento perché considera la salute dei lavoratori e la vita di tutti i cittadini di questo paese un valore inalienabile. Questo sindacato non accetta una politica che privilegia il profitto a tutti i costi, che dimentica il diritto primario, la salute. Quello che avviene all’ILVA è importante per tutti, in gioco non c’è “solo” la salute dei lavoratori di questi impianti e dei cittadini di Taranto, ci sono i nostri diritti.

Come a Pomigliano ora a Taranto, si antepone il posto di lavoro ai nostri diritti, conquistati con anni di lotte. Si sfrutta la fragilità sociale del sud per imporre regole diverse.

Quindi il caso dell’ILVA è “IL CASO”, oggi in discussione non c’è il problema dell’occupazione, c’è la difesa di un diritto fondamentale, universale, cioè il diritto alla salute. Se all’ILVA prevarrà la necessità di produrre al di sopra della salute pubblica, abbiamo perso tutti, perché questo aprirà definitivamente la strada verso il basso che ci porterà inesorabilmente a rinunciare a tutto il resto, avvicinandoci spaventosamente a quei paesi del terzo modo così appetibili per gli investitori esteri.

Il quadro allora sarà finalmente completo, l’opera del Governo compiuta, il debito abbassato e l’occupazione ripartita. I nuovi schiavi allora saremo noi, torneremo a condizioni di lavoro ottocentesche.

Con questo documento vogliamo testimoniare la nostra vicinanza a chi ogni giorno combatte contro le ingiustizie per vedersi riconoscere i diritti primari dell’essere umano, siamo vicini alla magistratura che oggi a Taranto tenta di tutelarli, siamo vicini a quella parte di lavoratori che con coraggio, nonostante il rischio di perdere il proprio posto di lavoro, chiedono la bonifica degli impianti.

Abbiamo da pochi giorni pubblicato una sentenza importante della magistratura su un collega deceduto perché si è ammalato sul posto di lavoro, in quanto sono venute meno delle tutele fondamentali della salute da parte dell’Amministrazione.

Non possiamo aspettare che sia un tribunale anni dopo a riconoscere eventuali responsabilità, perché se le sentenze o i provvedimenti di alcuni giudici ristabiliscono per un momento il diritto, da sole non servono a nulla, solo se seguono azioni forti che vedano le parti sociali, la politica, la società tutta, intervenire per pretendere il rispetto delle regole e la tutela dei diritti avremo speranza di definire la nostra società civile.