Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano
Illustrissimo Presidente della Repubblica,
ci rivolgiamo a Lei che ci ha definito “l’esempio dell’Italia migliore e degli italiani migliori” a Lei che in noi ha visto “il di più di carico umano”, il “senso della comunità”, a Lei che ci ha ringraziato, pubblicamente ci rivolgiamo chiedendoLe un intervento concreto.
Ogni volta che incombe una catastrofe nel paese noi diventiamo “famosi”, di noi si parla in televisione, sui giornali, si sprecano parole per adularci.
Noi vorremo essere ricordati anche lontani dalle disgrazie che colpiscono altri cittadini.
Anche recentemente si è ripetuto il copione e persino il Governo, vedendo il nostro lavoro, il nostro operare tra le macerie lasciate dal sisma dell’Abruzzo, aveva rilanciato dichiarazioni ed intenti che lasciavano intravedere buoni auspici, ma ora che l’impatto emotivo iniziale è finito tutto è stato dimenticato, quelle parole sono rimaste vane promesse ed a noi non rimane altro che continuare a lamentarci di quelli che ormai sono cronici problemi del Corpo Nazionale, di quelle situazioni che da anni continuiamo a denunciare e a cui fa seguito un “rumoroso” silenzio.
Di cosa ci dobbiamo lagnare? L’elenco è lungo.
Il nostro contratto di lavoro è scaduto dal 31 dicembre 2007, da anni ci viene promessa una valorizzazione economica e previdenziale, un ordinamento che tenga in giusto conto la nostra specificità professionale, ma praticamente non esistono opportunità di avere un percorso di carriera, un riconoscimento della professionalità acquisita: purtroppo non succede nulla, tutto rimane immutato, ma noi siamo sempre lì dove ci chiamano, lì dove noi servivamo ad aiutare altri cittadini in difficoltà.
Ci scusi l’impertinenza - forse non ci si dovrebbe rivolgere così al Presidente della Repubblica - ma noi che siamo semplici pompieri ci chiediamo se Lei sappia cosa voglia dire in concreto arrivare a fine mese con uno stipendio di 1200 euro. Non vogliamo cadere nella retorica, ma per noi l’emergenza non finisce neanche quando torniamo a casa: la catastrofe inizia quando dobbiamo arrabattarci per far quadrare i conti e con il nostro stipendio è necessario studiare qualche rito magico.
Noi ogni giorno ci troviamo a combattere con organici ormai al collasso, a cui sopperiamo con massacranti turnazioni di lavoro; lo straordinario è diventato una prassi che serve a garantire l’operatività delle squadre e che limita la sicurezza dei lavoratori togliendo risorse che potrebbero essere indirizzate per l’assunzione di altri. Tante sono state le battaglie dei lavoratori, non solo nel nostro settore, che hanno portato a contrattualizzare un orario di lavoro “umano” che lasciasse spazio anche ad una vita personale, un orario equo e che garantisse la possibilità di un giusto recupero psicofisico.
Da ottobre 2008 i Vigili del Fuoco sono in attesa della pubblicazione delle piante organiche e le assunzioni sono totalmente insufficienti e non coprono neanche il turnover. La carenza degli organici, oltre che con lo straordinario, viene supplita con il richiamo in servizio di personale precario che opera sugli interventi dopo aver frequentato un corso di 120 ore. Si tratta di ragazzi e ragazze animati da impegno e passione che non crediamo comunque possano sostituirsi all’esperienza e alla professionalità acquisita da un vigile permanente dopo mesi di corsi e che comunque si accresce continuamente con la formazione obbligatoria.
Tra l’altro a persone come noi, che magari non hanno master in economia e finanza, sicuramente non coltissime, sorge spontanea la domanda: ma perché ogni anno si spendono tanti denari pubblici per retribuire questo personale precario, quando con meno si potrebbe garantire l’assunzione degli stessi, dando una giusta sicurezza economica a questi cittadini e formando nuovi lavoratori veramente “professionisti”?
Cosa dire poi di come portiamo il soccorso alle popolazioni? Forse qualcuno era disattento e non si è accorto che operiamo il soccorso utilizzando mezzi e strumenti talvolta obsoleti; ancor più grave è la mancanza di una, sia pur lontana, previsione di un piano di adeguamento ed ammodernamento.
Oltre a questo, nei Comandi c’è tutto un gruppo di dipendenti che si occupa della parte amministrativa, che non ha visibilità esterna ma che è funzionale e necessario al buon andamento del nostro lavoro. Anche questi non stanno meglio: sono lavoratori dimenticati tra i dimenticati, lavoratori che oltre ad avere stipendi ridicoli, non vedono prospettive per un avanzamento.
Certo le nostre difficoltà, le nostre rivendicazioni, sono note a tutti in Parlamento, ma dopo gli straordinari apprezzamenti che accompagnano ad ogni catastrofe, il seguito è sempre la totale dimenticanza: ogni volta che l’emergenza finisce anche noi finiamo nell’oblio. E’ questo il motivo per cui i numerosi attestati di stima ci amareggiano.
Ora siamo noi in difficoltà e Le chiediamo un Suo autorevole intervento.
Siamo stanchi di denunciare a destra ed a manca la nostra situazione, siamo stanchi di vivere nella speranza che qualcuno voglia affrontare quei problemi da noi denunciati la cui soluzione oltretutto porterebbe a garantire il nostro lavoro in maniera adeguata su tutto il territorio.
Per i lavoratori il rinnovo del contratto nazionale è lo strumento fondamentale per raggiungere un miglioramento economico e normativo: è l’unico strumento che pone al centro dell’attenzione l’adeguamento salariale e l’ordinamento professionale. Ed è per questo che chiediamo un Suo appoggio, perché almeno una volta ai pompieri, che sono sempre pronti a rispondere a tutti quelli che li chiamano in aiuto, ribadiamo, almeno una volta, siano date risposte.