PENSIONI e DPEF: PIOVONO PIETRE!
Come sempre d’estate arrivano i peggiori provvedimenti contro i lavoratori
Ieri è stata la volta del varo della seconda controriforma delle pensioni, dopo quella del 95 di Dini e del Documento di programmazione economica e finanziaria.
Due provvedimenti fortemente ostili al lavoro dipendente e che puntano invariabilmente a fare cassa sulla pelle dei lavoratori e delle loro famiglie. Sempre ieri il rapporto R&S Mediobanca sul 2003 ci informava di una vera e propria orgia di utili realizzati da banche, imprese ed assicurazioni che però non hanno smesso un minuto di lamentarsi e chiedere rigore per i salari e le pensioni e sostegno alle imprese.
Del DPEF ancora non si conoscono i numeri – che sono poi quelli che contano – in particolare quale sarà il tasso di inflazione programmata su cui lor signori vorrebbero chiudere i contratti in scadenza, ma si sa già che conterrà tagli pesanti allo stato sociale e che taglierà fondi agli enti locali che così dovranno inevitabilmente aumentare le tasse locali.
ALTRO CHE MENO TASSE PER TUTTI!!.
La delega sulle pensioni è invece stata approvata con il voto di fiducia, per impedire che la crisi interna alle forze del governo ne mettesse in pericolo il varo. Da settembre saranno emanati una lunga serie di decreti attuativi che renderanno effettivamente operativa la riforma che comunque prevede:
La scomparsa delle pensioni di anzianità, che rimangono in qualche modo per le donne ma con il calcolo contributivo che comporta una pesante riduzione dell’importo della pensione;
dal 2008 saranno necessari o 40 anni di contributi o 35 anni di contributi e 60 anni di età per andare in pensione, che saliranno a 61 dal 2010.
Solo per i dipendenti privati è previsto un bonus per coloro che, pur avendo raggiunto i requisiti di anzianità, decidano di rimanere al lavoro, Nel pubblico impiego invece si potrà restare “gratis” al lavoro fino a 70 anni, con buona pace dei precari e dei disoccupati!
Lo scippo del TFR è definitivo: dalla emanazione del decreto attuativo in materia di previdenza complementare ogni lavoratore avrà sei mesi di tempo per dichiarare di non voler cedere il proprio TFR ai Fondi pensione. Se non lo dichiarerà esplicitamente, la sua liquidazione finirà nei Fondi gestiti o dai sindacati firmatari di contratto o anche dalle banche e dalle assicurazioni ( Mediolanum in testa!). E’ appena il caso di sottolineare che negli ultimi cinque anni i Fondi pensione hanno reso molto meno della rivalutazione del TFR.
E’ NECESSARIO COSTRUIRE DA SETTEMBRE UNA FORTE MOBILITAZIONE CAPACE DI IMPORRE IL RITIRO DI QUESTA LEGGE ED IMPEDIRE IL VARO DEI DECRETI ATTUATIVI