La strage dei migranti a Crotone e l'ipocrisia del cordoglio di facciata: demonizzare i salvataggi in mare produce morti
La grande tragedia umana che si è consumata al largo delle coste di Crotone con almeno 60 persone morte, tra le quali un bambino di pochi mesi, si rivela purtroppo l’ennesima cartina di tornasole dell’ipocrisia e dell’inadeguatezza delle istituzioni politiche europee, nazionali e locali. Ed è paradossale che questa drammatica notizia ci giunga mentre ci rechiamo a Riace per l’ennesima iniziativa di solidarietà a Mimmo Lucano, sotto processo per aver perseguito il crimine della “umanità”, mentre i criminali colpevoli di questa come delle tante altre sciagure che avvengono nel Mediterraneo continuano a dormire sonni tranquilli.
Potremmo sintetizzare il senso di questo drammatico naufragio dicendo che la demonizzazione dei salvataggi in mare non può che provocare morti. E, infatti, le prime parole della presidente del Consiglio Giorgia Meloni a commento dell’accaduto hanno subito fatto riferimento ai “trafficanti di uomini”, evitando di distinguere, come al solito, coloro che sfruttano disperazione e stenti per profitto personale e coloro che si occupano di salvare vite.
Fomentare la guerra tra poveri è indirettamente all’origine di questi incidenti, perché mira a nascondere l’interesse per le responsabilità politiche e geopolitiche della situazione di chiunque decida di migrare. Responsabilità che sono legate agli interventi militari di natura imperialista che l’Italia ha sostenuto e continua a sostenere in Libia come in Medio Oriente, così come a quel sistema economico che opera l’estrazione di risorse e lo sfruttamento a discapito dei proletari del continente africano e delle zone del mondo più povere, e che vede aziende italiane come l’Eni tra i principali protagonisti.
Questi interventi e questo sistema sono stati e continuano ad essere legittimati dall’attuale forza di governo ma, anche, da coloro che oggi si trovano all’opposizione, dei quali ricordiamo solo la vergogna dei lager libici dei migranti africani decisa attraverso il decreto Minniti.
Anche per questo ci dissociamo dalla solidarietà di facciata e ribadiamo che una politica che sia veramente solidale con il destino di queste persone dovrebbe ripensare l’intera posizione dell’Italia nella piramide imperialista e, nel frattempo, stanziare risorse sia per porre sotto un controllo pubblico trasparente le attività di salvataggio sia per costruire un vero piano di integrazione sociale che non si riduca all’istituzionalizzazione dello schiavismo, alla ghettizzazione dei migranti o alla collusione delle istituzioni con gli interessi dei caporali locali.
Su quest’ultimo punto vogliamo spendere un ultimo pensiero. La solidarietà per questi esseri umani arriva troppo spesso soltanto in occasione di queste tragedie. Raramente si spendono parole per la qualità delle vita di chi arriva in Calabria senza trovare la morte prima. Eppure, chiunque conosca le dinamiche sociali di questa terra sa come i migranti vengano criminalizzati prima di tutto dal trattamento subito dalle istituzioni (con difficoltà, spesso immotivate, a ottenere documenti, abitazioni e contratti di lavoro) e, di conseguenza, emarginati a priori dalle comunità locali. Al moralismo di tutti quegli amministratori ed esponenti politici che si strappano le vesti per mostrare all’esterno la propria sensibilità noi contrapponiamo l’impegno militante di denunciare continuamente questo stato di cose e di provare a cambiare il sistema e i rapporti di forza cominciando dalla denuncia della reale origine di questi problemi.
USB Calabria