L'Aquila, l'ultima beffa.
di Matteo Marini - espresso.it
La città è ancora piena di macerie, ed edifici pericolanti. Ma il governo ha pensato bene di mandare via (dal primo gennaio) i Vigili del fuoco che da un anno e mezzo aiutavano la popolazione. E la gente protesta.
La notte del 6 aprile 2009, quando lo scossone ha devastato L'Aquila, in città erano di servizio 13 vigili del fuoco: dieci in pattuglia e tre alla base. Del tutto insufficienti, com'è ovvio, per far fronte alla catastrofe. Poi però arrivarono pattuglie da tutta Italia per estrarre dalle macerie decine di superstiti sepolti sotto tonnellate di cemento e mattoni. E i morti, 308.
A L'Aquila ora li chiamano "gli angeli del terremoto". Sì, perché in un anno e mezzo sono stati il braccio operativo più flessibile e più vicino alla gente. Dal puntellamento degli edifici pericolanti alla rimozione delle macerie. Hanno scortato nelle case inagibili i residenti per recuperare mobili e oggetti utili o cari. Il rosso delle vetture, il verde e il giallo delle divise per gli aquilani sono sinonimo di assistenza, cortesia, sicurezza. Una gentilezza molto meno presente in altri uomini mandati in Abruzzo dalle istituzioni.
Adesso, però, i Vigili del fuoco se ne devono andare: se non ci saranno proroghe al decreto del commissario per la ricostruzione Gianni Chiodi, infatti, da gennaio tutte le unità non aquilane ora di stanza nella zona colpita dal terremoto, torneranno nelle zone di provenienza, lasciando l'emergenza in mano al solo comando abruzzese. Una metà delle 125 unità di appoggio ora presenti nel cratere ha già fatto le valigie. Entro la fine del mese se ne andranno tutti. Come se in Abruzzo ormai fosse tutto a posto.
«Già non bastano il personale e i mezzi che ci sono ora», spiega un vigile del fuoco aquilano che accetta di spiegare la situazione a patto di mantenere l'anonimato , «perché siamo gli unici autorizzati a rimuovere e trasportare le macerie assieme all'esercito. Inutile dire che va molto a rilento. Se se ne vanno le unità esterne come si fa? Rimarremmo 88 per tutto il cratere, divisi in quattro turni».
Nonostante il piano presentato a marzo dal ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo per liberare i comuni dalle macerie, L'Aquila e i centri storici del cratere sismico attendono ancora. Oltre due milioni di tonnellate di materiale da selezionare, dividere, smaltire. Ma questa è purtroppo la stima più rassicurante.
Legambiente, in un dossier redatto proprio su una valutazione di Vdf e Cnr, a ottobre ha azzardato 70 anni, il tempo che ci vorrà per liberare il territorio. «All'inizio si andava spediti, ma era solo un'operazione di facciata. Ora conferiamo in discarica meno della metà del materiale rispetto alla scorsa primavera». Solo i pochi mezzi disponibili dell'esercito e dei Vigili del fuoco sono autorizzati a scaricare materiali nell'unico sito disponibile, una cava dismessa in via di saturazione. E allora chi rimarrà per liberare L'Aquila dalle macerie, primo passo per avviare la ricostruzione? «Non so», risponde il pompiere mentre mostra una pila di fogli «ma io ho qui una montagna di ordini di esecuzione che non ho idea di come evadere».
Così i Vigili del fuoco in Abruzzo sono in subbuglio. Quando se ne ne andranno i colleghi, sarà un caos infernale, per la popolazione e ovviamente per loro. In un comunicato sindacale lamentano «la totale incertezza in cui è lasciato tutto il personale e, soprattutto a causa del senso di abbandono che lo pervade». Aggiungono: «Nulla, infatti ci è dato sapere su cosa accadrà dal 1° gennaio 2011 per quanto concerne il dispositivo di soccorso della struttura emergenziale».
Tra le rivendicazioni avanzate al Comando nazionale di Roma (accusato in una lettera alla cittadinanza di fare solamente passerella) e al governo c'è anche un altro problemuccio: ìn un anno di straordinari arretrati mai pagati. Ma questa è solo l'ultima "carineria".
Nel corso dell'emergenza Abruzzo ne hanno viste di tutti i colori a cominciare dal sito del comando a L'Aquila, posizionato sopra una discarica tossica: «A giugno di quest'anno la stessa storia, ci hanno lasciati appesi fino all'ultimo, senza informarci di quello che sarebbe stato il futuro. Sembra abbiano paura di noi, in occasione della cerimonia di conferimento delle onorificenze i Vigili del fuoco che hanno lavorato qui non hanno avuto nemmeno un posto riservato, si sono portati dietro delle comparse da Roma».
E poi la beffa delle medaglie. La benemerenza meritata per il coraggio la competenza e l'abnegazione. Solo che il kit medaglia, fornito da una società privata, era a pagamento: 140 euro. «Le abbiamo lasciate tutte dove stavano», spiega un pompiere. Pagare per un attestato, anche nell'Italia berlusconiana, è un po' troppo.
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