IL MARTIRE BERLUSCONI, LA GUERRA CIVILE DI BONDI E IL CONTRATTO CHE NON C'E'

Roma -

“ Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere, di gente infame, che non sa cos'è il pudore, si credono potenti e gli va bene quello che fanno; e tutto gli appartiene. Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni!” (tratto da povera Patria di Battiato)

In questa estate il “governicchio” Letta si arrovella sul dramma della grazia di Berlusconi “l'immortale”, un vecchio che è vittima di se stesso, non ha voluto affrontare il problema del conflitto di interessi ed ora paga per la sua cecità politica, per la sua arroganza. Se avesse fatto quello che è normale nelle altre democrazie, cioè avesse lasciato i suoi incarichi aziendali prima di accettare cariche di governo, oggi Berlusconi sarebbe un uomo libero, in quanto, non responsabile dei problemi fiscali delle sue aziende. Essere Presidente del Consiglio ed imprenditore forse è stato troppo, sicuramente ha fatto meglio da imprenditore che da politico. Che fare ora dunque? la guerra civile come il “buon” Bondi ha profetizzato? La stessa, temiamo, che è in corso tra i suoi neuroni? Sconfortante il quadro generale della politica italiana, l'immobilismo è pauroso, la partitocrazia regna sovrana, mantenendo la casta intatta nei suoi privilegi. Il mondo intorno a noi cambia ad una velocità impressionante, l'Italia è sempre più in crisi, aumenta la disoccupazione e la povertà, non c'è una politica industriale e del lavoro, si diminuiscono i servizi e si aumentano le tasse, l'accesso al credito è negato. Scuola, sanità, sicurezza, trasporti, i settori sotto maggiore attacco. Non si mette mano a nessuna vera riforma, i dirigenti pubblici rimangono strapagati e non si toccano le pensioni d'oro. Noi della USB denunciamo da tempo l'esistenza di una vera e propria lotta di classe, mascherata sotto il nome di “crisi”. Cipro è già fallita, la Grecia tecnicamente idem, la Spagna è la prossima della lista, l'Italia? Incredibile ma vero, l'Italia a dispetto di quello che ci dicono le varie prezzolate agenzie di rating, i media, i politici, ha i conti in regola, con un sistema pensionistico sostenibile, sistema che non aveva alcun bisogno di essere rivisto dalla prof.ssa “lacrimafaciledicoccodrillo” Fornero, perché era già sostenibile, lo ha dichiarato uno studio della UE. Anche il nostro disavanzo garantisce la sostenibilità dell'economia, i risparmi delle famiglie italiane si sono assottigliati, ma basterebbero ancora a garantire il debito. Se questo fosse in lire anche nel lungo periodo, in euro invece no. La moneta unica è stata concepita male e realizzata peggio, il mandato principale della BCE è quello di mantenere il livello di inflazione basso, senza preoccuparsi dei livelli di occupazione, a differenza della FED americana, che invece deve tenere sotto controllo anche l'occupazione, non a caso più volte in questi anni il dollaro si è deprezzato nei confronti dell'euro, facilitando la ripresa economica americana, parallelo con gli USA che non deve far pensare che ci auspichiamo una FED, ma si è reso necessario, essendo il dollaro l'unica moneta paragonabile all'euro. Per paesi come l'Italia, la possibilità di stampare moneta e di svalutare all'occorrenza la valuta ha significato un'occasione di sviluppo per tantissime aziende che vivono di esportazione. Stampare più moneta ha dato la possibilità allo Stato di creare una rete di servizi al cittadino, di creare un sistema di protezione sociale, per quanto ancora inadeguato, pur sempre fondamentale. Oggi non poter agire su questi strumenti, aver perso sovranità sulla moneta, significa tagliare servizi, ridurre lo Stato sociale, ridurre i diritti e il salario. Per rendere di nuovo competitivo un prodotto sul mercato, se non si può abbassare il valore della moneta con cui lo si vende, non resta che abbassare il costo del lavoro! Questo ci dicono le teorie economiche. Ecco come l'euro agisce sulle nostre vite, come una moneta schiaccia la vita delle persone. Ecco dove ci hanno condotto i nostri governanti, in un vicolo cieco, in mano ad una Germania che non ha nessuna intenzione di cambiare le regole del gioco, perché ci sta guadagnando. Non lo diciamo noi della USB, ma lo dicono sempre più economisti di fama mondiale e alcuni premi nobel.

La guerra dell'euro è iniziata e noi la stiamo perdendo.La moneta europea nasce per condannarci alla povertà, soprattutto nel mirino i paesi mediterranei. Prova ne è la svendita del patrimonio industriale italiano, sono oramai decine e decine le grandi aziende che passano a multinazionali estere, dagli arabi ai giapponesi, dai francesi ai tedeschi. Aziende che rappresentano il nostro futuro in quanto capaci di garantire il nostro know how, così l'Italia è divenuto un discount dove i grandi imprenditori esteri vengono a comprare con un po' di perline in tasca e di specchietti colorati! Da questa crisi non ci riprenderemo più, se permetteremo di svendere i nostri asset strategici e le nostre grandi aziende, ci ritroveremo in una situazione prebellica, avremo azzerato settanta anni di storia, anche in termini di diritti acquisiti. Oggi gran parte dei lavoratori ingannati dai “grandi sindacati” e dalla classe dirigente politica del Paese, si è schierata per il “partito del divano”, lavoratori che si formano la propria opinione politica davanti alla tv e disillusi e sconsolati che cambiano canale nella vana speranza che la crisi non li raggiunga o sperando che qualcun' altro risolva la situazione al posto loro, attendendo di schierarsi al momento giusto, rischiando poco e soprattutto spendendo poche energie.

ILLUSIONI solo ILLUSIONI. Nessuno risolverà i problemi nostri se non noi stessi. La USB ha già promosso un grande sciopero generale per il 18 ottobre: lavoratori, lasciate il telecomando e alzatevi dai divani, perché altrimenti un giorno, presto, arriveranno gli ufficiali giudiziari a togliervelo da sotto il culo, il divano! E sarà troppo tardi! Per la cronaca: il contratto nazionale è slittato al 2015, ma sarà poi il 2016, poi sarà: “dobbiamo tagliare gli stipendi non ci sono soldi......” Grecia docet! Prepariamoci a reagire a tutto questo: chiediamo una nuova politica sociale ed economica, chiediamo un' Europa dei popoli e non delle banche.