Il giorno dopo

Riportiamo due articoli di stampa - Il Mattino e Liberazione - significativi della grande giornata di mobilitazione contro la guerra

 

 

 

Roma -

DA Il Mattino:

IL PREMIER DIVENTA UN POLIPO

Un Berlusconi polipo che con i suoi tentacoli stritola scuola, sanità, pubblico impiego e salari. È la raffigurazione in cartapesta, alta tre metri e mezzo, del presidente del Consiglio, realizzata dalla Confederazione Unitaria di Base (Cub) di Roma, che sfila nel corteo della capitale. In testa Berlusconi ha un elmetto e in uno dei suoi tentacoli un missile targato Usa. Una sorta di carro di Carnevale il cui approssimarsi si è fatto sentire: in molti si sono travestiti da pagliacci con il naso rosso e la faccia dipinta di bianco mentre gruppi giocolieri si passano palle e birilli. Chi non si era organizzato da casa, ha improvvisato dei cappelli gonfiando palloncini colorati. Oltre alle bandiere arcobaleno, a colorare il corteo sono gli striscioni dove le scritte si alternano in giallo, rosso verde e i grossi palloni rossi dell'Arci a quelli colorati dell' associazione Emergency. Da San Giuliano Milanese è arrivata anche questa volta la Fracass Band, un gruppo di amici che si è costruito degli strumenti musicali in modo artigianale.

DA LIBERAZIONE:

"Senza se e senza ma" unisce Cgil e sindacalismo di base. «Sciopero generale alla prima bomba sull'Iraq»

Pace e diritti per il lavoro

«Senza se e senza ma». Tra Cgil e sindacalismo di base, per un giorno almeno, non c'è più alcuna differenza. Ad unirli è uno slogan che è tutto un programma. E' un impegno, un desiderio, un'intenzione, un sorriso. «Contro la guerra, senza se e senza ma»: c'è tutto il sentire del movimento sindacale in una frase forte e definitiva come questa. E anche di più. La leggi sul grande striscione della Cgil in attesa fin dalle nove a lato di Porta San Paolo. In quello delle Rappresentanze di base/Cub, che inizia a muoversi subito dietro il Movimento dei movimenti. E' ancora più grande e variopinto, però, e precede un grande fantoccio-piovra con la faccia di Berlusconi. Lo dice anche la Fiom, che lascia la zona di piazza Aventino intorno alle undici distribuendo adesivi con su scritto "pace e diritti". La scritta "Fermiamo la guerra, contratto" incornicia un "Articolo 18" in bella mostra. Tutti gli appuntamenti saltano uno dietro l'altro. Il triangolo tra Porta San Paolo, piazza Albania e la stazione della Piramide alle dieci e mezza è già stracolmo di gente. Ci sono tutte le sigle del mondo del lavoro. La Cisl, però, sembra aver centellinato le forze. In giro si vede solo lo striscione della Cisl di Treviso. La Uil, invece, ha preferito non partecipare. C'è l'autobus dei diritti della Cnl, e anche un grande striscione dell'Usi. Lo Slai-Cobas ha portato fin qui gli striscioni di Napoli e di Pomigliano d'Arco. Tantissime le bandiere del Sin. Cobas. I Cobas issano uno striscione con su scritto "Contro la guerra del capitale". Mario Agostinelli, ex segretario della Cgil Lombardia, nonostante la nottataccia ha la faccia allegra e contenta. «Non ci ferma più nessuno», dice con la sua consueta pacatezza. Ogni spezzone di corteo sta dietro un pulmino o un camion con su megafoni e bandiere. Gli unici a farsi precedere da una banda sono i pensionati dello Spi-Cgil. Hanno viaggiato di notte, ma la stanchezza non spegne la voglia di cantare e squarciagola, con la bandiera della pace legata sulle spalle. «Sembra essere tornati ai tempi delle grandi marce contro la guerra in Vietnam», dice uno del gruppo di Milano. La Cgil-Funzione pubblica sembra aver fatto le cose in grande. Sono dappertutto con bandiere e striscioni: L'Aquila, Torino, Roma, Piombino, tante per citarne qualcuno. C'è anche una rappresentanza della Polizia municipale della capitale. Diritti e pace stanno insieme anche qui. «Ormai i pubblici dipendenti - racconta un vigile urbano - sono sul piede di guerra. Da una parte ci licenziano e dall'altra ci precarizzano. Quanto può durare?». Dietro a uno striscione "Comitato lavoratori contro la guerra" di Como c'è Marilena: «Siamo nati proprio all'epoca della guerra Nato nei Balcani. E siamo ancora qui a protestare. Siamo una spina nel fianco del sindacato». Non ha tutti i torti Marilena. Ma certo, passare dalla "contingente necessità" a "contro la guerra senza sì e senza ma" è un bel salto per la Cgil. Sarà difficile tornare indietro. Per Gianni Sapienza, della Cgil di Catania, è proprio impossibile. «Catania è una polveriera», racconta. «Vogliono trasformare la Sicilia in un'unica grande portaerei». Dalla Toscana arriva un altro gruppo di lavoratori, quelli della Sammontana. «Se scoppia la guerra entriamo subito in sciopero», promette Maria. L'idea dello sciopero generale alla prima bomba lanciata sull'Iraq si fa largo nel corteo, negli slogan e nei cartelli. Lo gridano in molti e con molta naturalezza. Paolo Leonardi (Rdb): «Se scoppia la guerra, subito fermate e assemblee nei luoghi di lavoro e il giorno dopo sciopero di quattro ore. L'idea è quella di andare verso uno sciopero europeo». La Fiom lo ha già messo sul tavolo e andrà a Bruxelles per un incontro con i sindacati degli altri paesi. Guglielmo Epifani, ovviamente, non si sbilancia. Ma è molto impressionato dalla riuscita della manifestazione. «E' una manifestazione così enorme che non ci raccapezziamo neanche noi che ci siamo abituati», dice. «L'Italia - aggiunge - non ha nessun interesse, da nessun punto di vista, ad una ipotesi di guerra».

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