FATTI
(TORQUEMADA FAN CLUB)
…più che le parole contano i fatti!
se un lavoratore che si rivolge al primo dirigente del comando, per un rilevante problema di servizio e questi, al posto di risolvergli il problema, lo “balza” al capo turno… due giorni dopo lo stesso lavoratore, che ha chiesto solo di essere riammesso in servizio (cioè di lavorare), nel tentativo di intimorirlo, è stato messo sotto pressione da ben tre funzionari e due capireparto contemporaneamente… sarebbe da capire quale termine utilizzare….anche se qualcosa ci verrebbe in mente!
... per quanto riguarda l’aspetto legale (di cui alleghiamo una sentenza della Cassazione), deciderà il lavoratore interessato e USB gli darà tutto il suo sostegno, mentre per l’aspetto contrattuale, abbiamo già comunicato uno stato di agitazione e tra i punti c’è proprio la presunta obbligatorietà di alcuni corsi.
(Cass. 3 luglio 2013, n. 28603, VI Sezione Penale) Accade sempre più frequentemente che nel luogo di lavoro si verifichino situazioni relazionali o organizzative non corrette e foriere di fenomeni disfunzionali. Tra tali disfunzioni rientra il cd. “mobbing”, ovvero ciò che viene comunemente definito come il terrore psicologico sul luogo di lavoro, consistente in comunicazione ostile e contraria ai principi etici, perpetrata in modo sistematico da una o più persone principalmente contro un singolo individuo, che viene per questo spinto in una posizione di impotenza e impossibilità di difesa e qui relegato da reiterate attività ostili. Queste azioni, che danno spesso luogo a seri disagi psicologici, psicosomatici e sociali per la vittima, rientrano nella definizione di mobbing, qualora siano caratterizzate da un’alta frequenza e da una durata significativa.Con la recente sentenza del 3 luglio 2013 n. 28603, la Suprema Corte ha riconosciuto una forma più attenuata di mobbing, lo straining, ovvero una situazione di stress forzato sul posto di lavoro, che può dar titolo ad un risarcimento per le lesioni subite, anche se connotata da sporadicità o unicità dell’azione vessatoria. L’aspetto maggiormente innovativo della pronuncia, consiste nell’aver qualificato tali comportamenti non come “mobbing”, bensì come “straining”, ossia una sorta di mobbing attenuato. In altri termini, mentre il mobbing è una situazione lavorativa di conflittualità sistematica, persistente ed in costante avanzamento, lo straining, in via parzialmente coincidente ma in parte diversa, è “una situazione di stress forzato sul posto di lavoro, in cui la vittima subisce almeno una azione che ha come conseguenza un effetto negativo in ambito lavorativo. Azione che oltre ad essere stressante, è caratterizzata anche da una durata costante. Affinché si possa parlare di straining è dunque sufficiente una singola azione stressante, cui seguano effetti negativi duraturi nel tempo (come nel caso di gravissimo demansionamento o di svuotamento di mansioni), e che collochi la vittima in persistente inferiorità rispetto alla persona che attua lo straining (strainer). Ed una volta escluso il reato ex art. 572 del codice penale, viene configurato il reato di lesioni personali volontarie con conseguente ed ineluttabile condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno patito ed eziologicamente riferibile a quel singolo episodio vessatorio da cui é «derivata la grave lesione» del lavoratore. Ecco estendersi, dunque, la tutela giuridica anche alla condotta che, benché sguarnita dei requisiti della abitualità e continuità degli atti, e non necessariamente connotata da antigiuridicità, si concreti in una vessazione idonea a cagionare alla vittima un danno, con effetto lesivo del suo equilibrio psicofisico e del complesso della sua personalità.
Sostituiremo “mobbing a Milano” con…
“straining (o mobbing attenuato) a Milano”
…così abbiamo riportato la cosa nei termini di legge più corretti!