EMERGENZA A COTTIMO, LA NUOVA FRONTIERA.
Quello che temevamo rischia di avverarsi, le nuove norme di protezione civile che assegnano alle regioni l’onere della dichiarazione dello stato di emergenza hanno già dimostrato i molti limiti. Innanzitutto se lo stato di emergenza e calamità non vengono dichiarati si può aggirare il contratto nazionale e il personale in missione inviato nelle zone colpite da un particolare evento verranno pagati secondo criteri di volta in volta decisi dai dirigenti locali. Questo rischia di avvenire in Emilia Romagna a seguito dell’emergenza neve, ci riferiamo alle abbondanti nevicate che in febbraio hanno colpito la Romagna.
Ad emergenza conclusa il Direttore regionale dell’Emilia Romagna ha emanato una circolare nella quale si faceva richiesta a tutti i comandi interessati dall’invio di squadre nelle zone colpite, di presentare un prospetto che contenesse, oltre il numero di uomini inviati, il numero di ore effettive da considerarsi come straordinario di soccorso, dunque di ore effettive da pagare al personale intervenuto.
Potremmo dire che si è aperta la nuova frontiera del “Pompiere a cottimo”. L’incredibile si è fatto credibile, così alcuni dirigenti di alcune province emiliane, hanno usato i rapporti di intervento come parametro per stabilire le ore da pagare! Lo stesso Direttore si è detto stupito del fatto, ma forse, questo lo diciamo noi della USB, non troppo dispiaciuto. Quindi di fatto non abbiamo ancora i conteggi, ma ne siamo certi, si creerà una situazione sperequativa. Dipenderà dal comando di provenienza o dal numero di interventi fatti la retribuzione degli uomini intervenuti in questa emergenza? Il rischio concreto che all’interno di una stessa calamità, dichiarata o meno, si avranno lavoratori che percepiranno per lo stesso periodo una paga differente, alla faccia dell’unitarietà del Corpo Nazionale.
Altro rischio, paradossale, è quello relativo alle sostituzioni fuori turno: il personale che si è prestato a rientrare in servizio nello smontante rischia di guadagnare di più di quello che è stato inviato nelle zone colpite. Uomini che hanno lasciando casa e famiglia per alcuni giorni e soprattutto hanno operato giorno e notte in condizioni meteo proibitive.
La nostra richiesta è dunque quella di pagare gli uomini intervenuti a 24 ore, come se si fosse nella prima fase della calamità, perché di calamità si è trattato, anche se non dichiarata ufficialmente.
Lo stato di calamità non è stato dichiarato solo per opportunità politica, perché altrimenti non si spiega, la situazione era gravissima, migliaia di persone bloccate da metri di neve, interi paesi isolati, cosa deve avvenire di più? La Presidenza del Consiglio dei Ministri l’8 marzo aveva dato tutti gli strumenti per attivare le procedure dello stato di calamità, ma nonostante questo, nulla!
Così subiamo scelte non dettate dal buon senso ma dal mero consenso elettorale. Tutti gli uomini che sono intervenuti in quelle zone, lo hanno fatto con la massima professionalità, con spirito di solidarietà verso le popolazioni colpite. Nessun Pompiere nega la propria opera, ma non siamo volontari, siamo professionisti, quindi come tali bisogna essere pagati. Nessuno monetizza le disgrazie, ma questo è il nostro mestiere. Non è accettabile pensare di vedersi pagare i miseri, vergognosi, compensi legati alla missione, perché qualche dirigente vuol valutare il nostro operato in modo improprio. Il Dirigente periferico del Corpo comunque si è detto disponibile a valutare le nostre proposte, ora attendiamo di verificare i conteggi provenienti dai vari comandi dell’Emilia Romagna, .
Infine abbiamo ancora una volta ribadito l’opportunità di convocare i sindacati in caso di emergenze, come stabilito dal Contratto Nazionale. Anche in occasione come nell’ emergenza alluvionale di Liguria e Toscana a fine 2011, non siamo stati convocati per discutere sull’avvicendamento e sulle altre questioni attinenti l’organizzazione del lavoro, come stabilito dal C.N.L., un atteggiamento questo che limita l’agibilità sindacale e i diritti dei lavoratori. Inoltre trascura l’apporto di idee che possono scaturire da un incontro con i sindacati, visti purtroppo dai dirigenti, più come un limite alla loro opera che come una risorsa. Il sindacato invece è fatto da Pompieri che conoscono alcune problematiche molto meglio della maggior parte dei dirigenti e quest’ultimi dovrebbero con maggiore umiltà ascoltare i nostri consigli. Non parliamo di concertazione, ma di utile confronto in caso di situazioni particolari, quali una emergenza.
Ci riserviamo chiaramente di mettere in atto le varie azioni del caso se non avremo riscontro positivo alle nostre richieste.