DISAVVENTURA GIUDIZIARIA A LIETO FINE PER DUE POMPIERI DI BRINDISI

Brindisi -

 

Finalmente la buona notizia che tanto aspettavamo è arrivata: è caduta ogni accusa nei confronti dei due Vigili del Fuoco di Brindisi indagati per aver divulgato immagini coperte dal segreto istruttorio del traghetto Norman Atlantic.

Ricostruiamo brevemente la vicenda: gli ultimi giorni dello scorso anno un violento incendio scoppiò a bordo del traghetto in viaggio dalla Grecia all’Italia e causò dieci morti e un numero ancora imprecisato di dispersi, mentre quasi trecento passeggeri furono, tra mille difficoltà, messi in salvo dalla Marina Militare. Difficoltose furono anche le operazioni di rimorchio, ma dopo diversi giorni il traghetto fu condotto nel porto di Brindisi a disposizione dell’Autorità Giudiziaria che conduceva le indagini. Giova anche ricordare che alle operazioni di soccorso presero parte anche otto pompieri che imbarcati su traghetti privati furono costretti loro malgrado ad una tribolata odissea.

Accadde così che su segnalazione di due giornalisti, il comandante della Capitaneria e il comandante dei Vigili del Fuoco di Brindisi, inviarono alla procura di Bari delle annotazioni di indagine, dove si facevano i nomi di due pompieri, che secondo i due giornalisti avrebbero passato le immagini ad una testata giornalistica loro concorrente. La prima giustificazione? I due sono responsabili del servizio video-documentazione, servizio mai realmente avviato al Comando di Brindisi.

Iniziò così un calvario giudiziario che prese il via con le perquisizioni delle proprie abitazioni, ed il sequestro di telefonini e computer di famiglia e immediatamente sbattuti in prima pagina. La vicenda ha ovviamente causato seri scompensi nell’ordinaria vita familiare e un grosso danno d’immagine oltre a quello economico.

Ora tutto è archiviato, tutto si è risolto in una bolla di sapone, su quel traghetto ormeggiato in banchina ci sono salite centinaia di persone di molti Enti, quelle immagini possono essere state girate e divulgate da chiunque.

Noi ci chiediamo come due persone per bene possano essere indagate a seguito delle insinuazioni di due giornalisti alla spasmodica ricerca di uno scoop. Ad ogni modo non possiamo che felicitarci dell’esito della vicenda, scusandoci con le vittime anche a nome di chi troppo frettolosamente ha dato quei nomi in pasto alla magistratura, e di quei colleghi che, ahimè nei loro discorsi avevano già emesso una sentenza di condanna.