CHI VA PIANO VA SANO E VA LONTANO
Lavoratori,
si dice che la fretta sia cattiva consigliera ma la lentezza può esserlo ancor di più e le sue conseguenze decisamente nefaste.
Il giorno 7 febbraio 2019, presso la sala stampa della Camera dei deputati, si è tenuta la conferenza stampa per la presentazione del progetto di legge di ricostituzione del Corpo forestale dello Stato.
Prima firmataria del progetto è l’onorevole Silvia BENEDETTI del gruppo misto, unitamente ad altri.
Un progetto che trova il plauso e la propensione al dialogo anche dal Movimento 5 stelle che ha partecipato con la presenza dell’on. Maurizio CATTOI.
Da allora, un susseguirsi della notizia ripresa da quotidiani e tg.
Dalle parole di Maurizio CATTOI, appare evidente la volontà del Governo di instaurare un percorso normativo che faccia così confluire il personale dell’accoppato Corpo forestale dello Stato all’interno del dipartimento di Pubblica Sicurezza.
Il Ministero degli interni diventerebbe così la nuova casa dei Forestali.
Punto forte della questione, risulta però l’esito della sentenza della Corte costituzionale che il prossimo 19 marzo si esprimerà su numerose questioni di illegittimità costituzionale ritenute rilevanti e manifestamente fondate dai TAR Abruzzo, Veneto e Molise.
Cosa si potrà leggere in questa sentenza che la si è già iniziata a scrivere?
Volendo fare “l’avvocato del diavolo” e quindi ipotizzando la peggiore delle conseguenze, la suprema Corte potrebbe scrivere qualcosa il cui significato, ad esempio, potrebbe far intendere che siccome il datore di lavoro è lo Stato e che quindi come tale ha tutto il diritto di “aprire o chiudere” un amministrazione e di impiegare e formare il personale a svolgere l’una o l’altra mansione della quale più ha bisogno, l’impianto della norma Madia, nello specifico della riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato, lo si potrebbe riconoscere valido e quindi ritenere corrette che le competenze restino di fatto attribuite ai carabinieri. Non a caso, in una recente sentenza, la corte di cassazione aveva sottolineato che lo Stato ha come obbligo solo il mantenimento del rapporto di lavoro e non è tenuto a garantire il mantenimento di quello specifico lavoro.
A questo punto, cosa ne facciamo del personale che è stato coattivamente militarizzato?
Forse li la suprema Corte potrebbe riconoscere la violenza perpetrata nei confronti del personale, scrivendo il tutto con una formula gentile che suggerirebbe alla politica di attivarsi per una mobilità di massa.
Da ciò, il seguente scenario: i forestali liberi di scegliere e quindi di ritornare al mondo civile con in primis la riconquista delle tutele sindacali e l’Arma titolare delle competenze ambientali ma svuotata del personale.
A questo punto l’Arma, com’è giusto che sia, sarebbe titolata a bussare cassa dicendo di avere delle competenze alle quali non può assolvere perché spogliata di personale e quindi necessiterebbe di ulteriori concorsi per rimpinguare le fallanze causate dalla mobilità.
Non a caso, i vari rapporti sull’attività svolta nel 2018 in materia di tutela ambientale redatti dall’Arma dei carabinieri, evidenziano come l’attività di controllo sia notevolmente accresciuta e di pari passo anche quella sanzionatoria.
Non è questo comunicato il momento in cui analizzare la sostanza dei numeri artatamente creati e sbandierati, ma è questo ciò che realmente si vuole?
Alla luce di questo fantasioso scenario, è realmente accettabile che si debba immancabilmente attendere l’esito della sentenza?
Questo è il motivo per il quale la Corte Costituzionale deve fare il suo lavoro e la politica il suo e a nulla serve che ognuno stia seduto sull’Aventino ad attendere gli sviluppi e le mosse dell’altro.
La politica, dopo le belle dichiarazioni, deve prendere coraggio e avviare improcrastinabilmente un percorso atto alla salvaguardia del territorio, unica vera vittima della Madia, indipendentemente dall’esito giudiziario.