BOLOGNA INCENDIO IN VIA SIEPELUNGA,CORREVA L'ANNO 2006
Al Sottosegretario di Stato
Sen. Stefano CANDIANI
Al Capo Dipartimento del CNVVF
Prefetto Salvatore MULAS
Al Capo Dipartimento Vicario
e Capo del Corpo Nazionale VVF
Dott. Ing. Fabio DATTILO
All’Ufficio Relazioni Sindacali
Dott.ssa Silvana LANZA BUCCERI
Al Direttore Regionale Emilia Romagna CNVVF
Ing. Marco GHIMENTI
Al Dirigente Provinciale CNVVF Bologna
Ing. Michele DE VINCENTIS
Bologna incendio di via SIEPELUNGA, correva l’anno 2006.
Molti di noi vigili del fuoco di Bologna ricordano quel maledetto Natale del 2006, un incendio devastante, sviluppatosi in un appartamento di via Siepelunga costò la vita ad un uomo e causò danni permanenti ad un altro, erano padre e figlio, il primo ebbe la peggio, chi si trovò ad assistere a quei terribili momenti non potrà dimenticarli mai. Questo fa parte del lavoro del vigile del fuoco, convivere con scene drammatiche, a volte raccapriccianti, ricordi indelebili, di vite strappate, straziate. In seguito fu aperta un’inchiesta, si avviò un processo penale. Ci furono quattro indagati per omicidio colposo e lesioni colpose, tra i quali l’allora Comandante Provinciale, per fortuna il processo si concluse nel 2013 con l’assoluzione dei quattro imputati, in quanto “il fatto non costituisce reato”. Pensavamo tutti che fosse finita.
Ma non è così, oggi, tredici anni dopo, il Comando di Bologna mette in mora i vigili che quel giorno intervennero in via Siepelunga, ci viene notificato che in sede civile l’Amministrazione è stata condannata a pagare i danni morali e fisici di una delle vittime, per un importo di 896.000 euro, questo avveniva nel 2014, nessuno dei vigili che quel giorno intervennero erano a conoscenza di questo procedimento, nessuno di noi risulta fu interpellato. La sentenza del procedimento civile riporta una ricostruzione approssimativa, contrastante con i nostri ricordi, una sentenza che denota l’assoluta mancanza di conoscenza delle nostre procedure, del funzionamento delle nostre attrezzature, delle tecniche di spegnimento, commenti lontani dalla realtà del soccorso in Italia, ci chiediamo perché l’amministrazione non abbia avuto la forza per contestare e produrre prove sufficienti per scagionarsi? Perché non fummo interpellati per testimoniare come andarono i fatti, visto che ora siamo chiamati ad una possibile responsabilità futura in solido. L’incapacità dell’Amministrazione a provvedere alla propria difesa, si traduce nella messa in mora dei propri dipendenti? Ma a quale titolo?
Nella sentenza si riporta che le causa principale del decesso di una, dell’infortunio dell’altra vittima dipese dalla dislocazione dei mezzi di soccorso sul territorio, ovvero l’assenza in quel giorno dell’autoscala del distaccamento cittadino Carlo Fava, si pose inoltre dubbi sulle procedure di verifica dei materiali di soccorso, ritenute inadeguate, in quanto lasciate al mero giudizio dei singoli operatori ad inizio turno. Entrambi gli aspetti sono attinenti all’organizzazione del dispositivo di soccorso, che non attiene certo ai vigili o qualificati che quel giorno intervennero nell’incendio. Non si è avuto, lo ricorda la sentenza civile, nessuna specifica contestazione riguardante la condotta professionale di chi è intervenuto. L’ Amministrazione stessa scrive nel documento di notifica: “pur escludendo nei confronti della S.V. ogni ipotesi di dolo e/o colpa grave nell’evento in oggetto”, allora di cosa stiamo parlando? Se si esclude il dolo o la colpa grave, cadono i presupposti per la messa in mora, ci hanno scritto che è un atto dovuto. Dovuto dovrebbe essere il rispetto di chi ha fatto, fa tutti i giorni il proprio mestiere e il proprio dovere. Non crediamo che la Corte dei Conti possa ravvisare in futuro alcun presupposto per dar seguito ad eventuali rivalse nei nostri confronti, ma ciò non toglie che si sta introducendo un principio molto pericoloso, con effetti sulla sicurezza del lavoro al momento di difficile valutazione.
La Corte Costituzionale entrando nelle norme che disciplinano l’intervento della Corte dei Conti, precisa che è fondamentale determinare quanto del rischio dell’attività debba restare a carico dell’apparato e quanto a carico del dipendente, nella ricerca di un punto di equilibrio tale da rendere, per dipendenti ed amministratori pubblici, la prospettiva della responsabilità ragione di stimolo, e non di disincentivo.
Alla fine è qui che ci dovremmo soffermare, questa l’essenza della questione, la messa in mora lede il rapporto tra Amministrazione e dipendenti, il soccorso si basa non solo sulla professionalità del singolo, dell’apparato, si fonda anche sul senso di fiducia ed appartenenza, inquinare l’ambiente con atti che diffondono malessere, sospetti, demoralizza il dipendente e a pagarne le conseguenze non è solo il lavoratore, l’amministrazione, ma sarà da ultimo il cittadino, l’utente: che si troverà un funzionario pubblico insicuro, più attento alla sua salvaguardia legale che a risolvere il problema. Gli effetti potrebbero essere devastanti.
Questo modo di pensare, peggio di agire da parte dell’amministrazione, pone tutti in un piano inclinato verso una deresponsabilizzazione generalizzata, a partire dai vertici ad arrivare alla base. Potrebbe accadere che l’autista che va ad un incendio sollevi il piede dall’acceleratore, se arriva che è già successo, meglio, meno problemi, che il capo squadra o il vigile non si senta più sicuro di prendere una decisione, temendone le conseguenze, valutando più i rischi giuridici/legali che quelli effettivi dello scenario di intervento.
L’opera del Vigile del Fuoco è parzialmente imprevedibile esisterà sempre un’alea di incertezza e di rischio, sentirsi minacciati da procedimento giudiziari o amministrativi, contabili, che possono mettere in dubbio la propria professionalità non è garanzia di uno stato emotivo adeguato, non aiuta a continuare a svolgere correttamente la propria delicata opera.
CHIEDIAMO a chi è in indirizzo, un intervento per bloccare questo procedimento amministrativo “dovuto”, in quanto palesemente illegittimo e deleterio nel rapporto tra Amministrazione – Lavoratore – Cittadino.
Concludiamo auspicando che l’Amministrazione smetta di pensare di gestire il soccorso come fosse un’azienda e pensi a tutelare i suoi uomini più che metterli in mora, quel giorno in via Siepelunga i volti erano tutti sconvolti, fu un brutto giorno, ma ognuno di noi si spese al massimo delle proprie forze, al massimo della propria professionalità, alcuni di noi lavorarono dai primi minuti fino a sera inoltrata, rifiutando il cambio, tornammo a casa stanchi, sporchi, provati emotivamente.
Oggi al distaccamento cittadino Carlo Fava c’è un’autoscala garantita 365 giorni l’anno, le procedure di controllo dei materiali fondamentalmente sono rimaste le stesse, magari potremmo migliorare in quelle, magari potremmo comprare mezzi nuovi, assumere più vigili, anche questo aiuterebbe il soccorso, ma questa forse è un’altra storia.
Per il Consiglio Nazionale USB
Ciro Bartolomei