ART. 134 D.lvo n° 217 DEL 2005

Nazionale -

Dipartimento dei Vigili del Fuoco del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile
Capo Dipartimento

Prefetto Francesco Antonio MUSOLINO


Capo del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco
Vice Capo Dipartimento Vicario
ing. Gioacchino GIOMI


Ufficio Garanzia dei Diritti Sindacali
dott. Darko PELLOS


 

Oggetto: art. 134 D.lvo n° 217 del 2005.


La USB Vigili del fuoco ritiene che l’attività svolta dei vigili del fuoco sia una attività atipica e particolarmente usurante. Infatti, oltre al potenziale pericolo di incorrere a gravi patologie durante lo spegnimento degli incendi, si aggiunge il problema dell’amianto durante le fasi di intervento di soccorso per cause di incendio a edifici e altre realtà dove l’amianto non è stato rimosso.

Nel marzo 1996 appariva su una rivista bimestrale a divulgazione interna una accurata analisi curata dal dott. Sbardella titolare del servizio sanitario dei vigili del fuoco sul tipo di sforzo dell’apparato cardiovascolare dei vigili del fuoco. In questa seppur breve relazione si evince che vi è una discrepanza fra il rischio di incorrere a fenomeni ischemici, dovuti agli sforzi peraltro improvvisi e in condizioni ambientali sfavorevoli, e il tipo di screening a cui vengono sottoposti i vigili del fuoco operativi durante queste visite periodiche che a questo punto non consentono di avere dati per costruire una statistica veritiera non solo sulle malattie cardiovascolari ma anche per le altre patologie di tipo cancerogeno poiché in quasi tutti gli interventi gli stessi vengono a contatto con sostanze chimiche dovuta alla pirolisi dei materiali nonché amianto.

E’ altrettanto necessario suddividere gli ambienti di lavoro in cui operano i vigili del fuoco per capire l’aumento esponenziale delle probabilità di incorrere oltre agli infortuni anche alle malattie professionali. Se da un lato il lavoro più consistente i vigili lo svolgono durante gli interventi non bisogna trascurare l’aspetto della formazione basato sull’addestramento all’interno del turno della giornata lavorativa. Sono previste infatti ore di simulazione al castello di manovra. Anche se in questo caso si possono prevedere tutte possibilità di un incidente, esistono sempre delle variabili incognite che provocano momenti di stress e infortuni. Pertanto nel momento della simulazione i vigili sono soggetti alle stesse sollecitazioni fisiche e psichiche come quando svolgono gli interventi.

Un incendio nella sua genericità suscita determinate reazioni fisiologiche e comportamentali nel soggetto, tuttavia nel momento in cui si entra nella specificità dell’incendio e soprattutto quando si è chiamati per incendi di scantinati, bombole di gas o di gruppi ossitaglio in cui c’è l’acetilene o per altri incendi in cui non si possono fare valutazioni sui pericoli a cui si può incorrere queste reazioni di fronte all’incognita del pericolo aumentano a dismisura.

Gran parte degli interventi di qualsiasi natura richiedono l’utilizzo delle scale aeree con le quali si possono raggiungere determinate altezze. I vigili salgono su scale che raggiungono i 10 e i 50 metri d’altezza. Operare su queste scale in particolari situazioni diventa difficoltoso ogni movimento nonché pericoloso quando si devono movimentare carichi a peso morto o persone in stato di panico (recuperi di persone o materiali o tenere le manichette e altro).

Per i vigili ci sono inoltre altre fonti di rischio dell’apparato auricolare che provengono dai mezzi e dalle attrezzature di soccorso. Le APS (autopompa con serbatoio) e altri mezzi non sono bene insonorizzati per cui il mezzo di segnalazione acustico (sirena) collocato sopra la cabina colpisce in pieno tutto il personale che non può indossare le protezioni anti rumore perché durante il percorso si deve indossare il casco di protezione. Non è peraltro possibile utilizzare tamponi auricolari perché durante il tragitto si scambiamo notizie sulla pianificazione dell’intervento. A ciò si aggiunge il rumore delle pompe idrauliche, delle idrovore, degli atomizzatori a scoppio o ad aria portati a spalla usati in qualsiasi situazione di emergenza alluvionale e negli incendi boschivi e di sterpaglia. La maggior parte dei vigili svolge anche funzione di autista dei mezzi di soccorso antincendio e di mezzi speciali da terra e anfibi. La conduzione dei mezzi di soccorso è una sommatoria di responsabilità a cui gli autisti vanno incontro che è nei confronti dei “colleghi” i quali devono raggiungere indenni il luogo del soccorso; nei confronti dei civili in caso di incidente; nei confronti dell’amministrazione che è proprietaria del mezzo. Guidare questi mezzi nelle città intasate dal traffico è estremamente stressate; altrettanto lo è quando si deve raggiungere luoghi impervi.

Il nostro lavoro notturno è un’arma a doppio taglio, infatti è dimostrato che è fattore di notevole stress non permettere all’apparato cerebrale di sviluppare tutte le fasi del sonno. Inoltre c’è l’aspetto del lavoro organizzato in turni che sottopone l’individuo a stress soltanto perché è costretto ad una vita sociale diversa da quella che lo circonda, fattore che si acuisce nei turni notturni.

L’attenzione notturna coatta, per quei vigili che negli interventi dopo la prima azione non hanno la possibilità di avere il cambio, si ripercuote sulla capacità di recuperare l’efficienza operativa, la lucidità cognitiva nonché emergono difficoltà nel recuperare fisiologicamente l’affaticamento.

Naturalmente da non sottovalutare, in queste condizioni, la percentuale di variazioni fisiologiche, cardiache e pressorie e le patologie definite "malattie da turno", la cui somatizzazione colpisce gli organi dell’apparato cardio - circolatorio, di quello digerente, provoca diabete e predispone lo sviluppo di malattie mentali. Altri effetti si hanno nella vita sociale e familiare che comprendono il costante mutamento dell’umore che si ripercuote sui legami affettivi complicando i rapporti con gli altri.

Di fronte allo scenario della molteplicità degli interventi sopra descritti bisogna tenere in debita considerazione che sugli interventi per i vigili del fuoco vengono meno i parametri di prevenzione agli infortuni individuali e quindi si esce da quelle misure indicate nelle normative vigenti per evitare danni fisici e usura. L’altro aspetto è proprio l’inapplicabilità del Dlgs 81 durante le fasi dell’intervento in cui non è possibile da parte di qualsiasi operatore controllare le variabili incognite che ogni intervento nasconde.

Come è noto gli strumenti per la protezione individuale non sono il massimo per la tutela contro gli infortuni e le malattie, poiché vi sono situazioni di intervento in cui si possono verificare infortuni o condizioni per lo sviluppo di una malattia anche se si è bardati di tutto punto.

Bisogna anche dire che in qualsiasi intervento per soccorso è impossibile prima di intervenire predisporre il luogo dove si è verificato l’evento in una condizione tale da prevenire qualsiasi tipo di infortunio o evitare il contatto con le sostanze infettive o tossiche.

A ciò che abbiamo descritto sopra bisogna aggiungere un altro fattore importante che aumenta le probabilità di incorrere a patologie professionale ed infortuni ed è l’esaurimento psicofisico durante gli interventi. Ci sono interventi di media e grande entità dove è necessario un grande dispendio di energie psicofisiche da parte del personale nell’iniziare un intervento e portarlo a termine.

Soprattutto quando la squadra che interviene per prima non può chiedere il cambio perché non c’è personale; gli uomini che hanno attaccato l’incendio sono stati a contatto con temperature elevate subendo un forte stress fisiologico e cognitivo per il superamento dei problemi di sopravvivenza personale e quelli inerenti all’intervento stesso. Questa continua sollecitazione determina un decadimento dell’attenzione per esaurimento delle energie fisiche e psichiche che è spesso causa di infortuni nelle fasi di intervento.

La stanchezza per esaurimento delle energie psicofisiche può indurre qualsiasi operatore ad alterare o diminuire la valutazione del rischio e prendere decisioni poco idonee alla risoluzione del problema; la situazione peggiora di notte quando, generalmente, accadono gli interventi di grande entità.

In questi casi aumentano i disagi poiché alla stanchezza sopra descritta, si deve aggiunge anche il problema del sonno che diventa necessario non solo per recuperare le energie perse, ma anche per necessità biologica di soddisfare il ciclo cicardiano. Tutto questo altera l’equilibrio bioumorale e soprattutto, nel tempo, diventa pericoloso per l’equilibrio mentale e mettere in moto meccanismi di evoluzione di pericolose patologie.

Riteniamo che l’aspetto della continuità non riguardi solo il fatto di svolgere una attività pericolosa o in determinate situazioni ambientali in modo continuativo, ma interessi tutti i lavoratori che si addestrano per effettuare operazioni in ambienti difficili in cui non è possibile nessuna previsione e prevenzione per eliminare il rischio latente nelle innumerevoli tipologie di intervento che i vigili del fuoco devono affrontare.

Per ultimo ma non per questo meno importante è il danno psicologico. Recenti studi in psicologia hanno dimostrato che vi è un’attività stressante anche in situazione solamente rappresentazionale cognitiva che può essere, nel tempo, determinante per una patogenesi organica. Questi studi si sono concentrati soprattutto sugli effetti dell’incertezza cognitiva e comportamentale e le variazioni della conduttanza cutanea e del battito cardiaco.

Questo meccanismo di alterazione fisiologica lo si riscontra nel momento in cui si inizia il turno giornaliero e notturno. Anche se in apparenza tutto sembra essere normale in ogni individuo scatta un meccanismo mentale nel quale si rappresentano scenari di interventi precedentemente affrontati che spesso danno luogo a immagini di possibili eventi anche catastrofici in cui di solito emerge l’aspetto più profondo dell’individuo normale che quello della possibile morte.

Queste rappresentazioni cognitive di eventuali scenari a cui i vigili vanno incontro sono gli elementi scatenanti di un’ansia generale di tensione che alterano la sfera emozionale soggettiva alla quale si reagisce con comportamenti irrazionali. In piena condivisione con le teorie psicologiche elaborate sulla percezione del rischio condividiamo che la sua percezione implica una rappresentazione soggettiva che è determinata da fattori sia esterni che interni all’individuo.

La rappresentazione del rischio ha lo scopo di aiutare l’individuo a valutare le situazioni più difficili e pericolose e a mettere in atto i comportamento più efficaci ed essa si struttura attraverso la mutua interazione tra parametri obiettivi che dipendono dalle esperienze acquisite sugli eventi e dalla mediazione dei processi cognitivi di elaborazione delle informazioni.

Tuttavia l’aspetto emozionale della possibile morte soggettiva influisce sull’apparato cognitivo portandolo a delle valutazioni distorte nella percezione del rischio e a intraprendere azioni non consone alla situazione che si ha di fronte.

Nessuno è in condizione di valutare gli effetti psicologici del nostro lavoro perché non ci sono centri di ascolto all’interno della nostra amministrazione con persone specializzate in grado di far superare l’evento psichico disturbante come in altri stati dell’Unione Europea. Pertanto diventa impossibile fare opera di prevenzione e, tanto meno, evitare di cadere in malattie debilitanti e invalidanti o semplicemente definire che anche i vigili del fuoco vengono colpiti dalla sindrome definita Burnout.

Siccome la filosofia del “riordino” è ben supportata da una manovra pensionistica che si basa su un principio che maggiore è l’età maggiore sarà il coefficiente di moltiplicazione del montante contributivo accumulato, si presume che la pensione dei vigili del fuoco sarà minore di altre categorie di lavoratori visto che sarà difficile raggiungere una elevata età anagrafica per avere un coefficiente maggiore e favorevole pur svolgendo una attività rischiosa e pericolosa sotto tutti gli aspetti...

A questo punto appare evidente che il vigile del fuoco è un forte soggetto a rischio, con la conseguente che l’aumento della età pensionabile e i confini di tutte quelle normative che non gli permettano tale traguardo debbano essere rivisti. Quindi riteniamo, che uno studio sul art. 134 dovrebbe partire dai presupposti sopracitati e volgere verso una soluzione di tutela dei diritti dell’operatore del soccorso. Sicuramente non si può, alla luce di quanto detto, presupporre che accantonare il problema possa essere una soluzione accettabile.

Sicuri di una vostra analisi si inviano i saluti di rito.