2012 La fine del mondo……sicuramente dei diritti
Non possiamo dire se le predizioni Maya sulla fine del mondo siano esatte, non possediamo la sfera di cristallo, però possiamo raccontarvi il presente, che si traduce per noi lavoratori in una sistematica perdita di diritti, perdita di salario e scadimento della qualità di vita.
I nostri politici, sfoderando sorrisi a 32 denti, dispensando ad ogni occasione ottimismo e buon umore raccontandoci la novella della fine della crisi: un corale “siamo fuori dal tunnel”, ci inducono alla tranquillità.
Frottole!
La RdB non ha mai creduto agli spot del Governo sulla fine della crisi, perché i dati danno la disoccupazione in aumento, si parla di oltre il 10% (dati Ocse), la ripresa incerta, inoltre quest’anno molti lavoratori perderanno le tutele previdenziali e soprattutto non si sono affrontate le cause che l’hanno determinata, anzi si è aiutato i responsabili di questa situazione. Se la crisi è mondiale e pure vero che il mal governo del nostro Paese può amplificarne gli effetti.
Le rassicuranti parole dei vari ministri non bastano, i buoni propositi si scontrano con una legislazione che di fatto rassicura gli evasori, vedi scudo fiscale e protegge i corruttori, vedi processo breve e disegno di legge sulle intercettazioni.
La Corte dei Conti ha parlato chiaro, ho meglio ci ha fornito i dati: 60miliardi di euro annui, ecco il costo della corruzione, oltre 100 miliardi (sottostimati) sempre annui, il costo dell’evasione fiscale!
Una enormità.
Per farci un’idea, il valore complessivo previsto dalla Manovra Finanziaria nel triennio 2009-2011 è di 34,8 miliardi di euro.
Ogni anno dunque tra evasione e corruzione vanno in fumo l’equivalente di 12 finanziarie.
Si chiede ai lavoratori sacrifici e senso di responsabilità. Ancora un inganno, la solita fandonia: “non ci sono più soldi”. I soldi invece ci sono, bisogna innanzitutto recuperarli dai parassiti che li nascondono al fisco e una volta trovati spenderli bene, evitando di arricchire quei politici ed imprenditori corrotti e senza scrupoli.
La crisi non è finita, deve ancora presentare il conto al nostro Paese, le tragiche conseguenze le abbiamo viste tutti, le immagini arrivate da Atene sono lo spettro di un futuro che nessuno si augura.
Il momento storico è drammatico, richiede una classe dirigente coesa, attenta ed efficiente, impegnata in riforme, serie, condivise che garantiscano una macchina pubblica senza sprechi ed efficiente, che abbia in definitiva una idea chiara di futuro.
Non possiamo più tollerare la spartizione del territorio secondo logiche dipartito, basta con la smania di potere. La partitocrazia in questo Paese è un tumore maligno che ha attaccato anche la parte sana delle istituzioni, piegandole a logiche clientelari e di privilegio, allontanandole sempre più dalla società civile e dai principi di efficienza e meritocrazia.
Il tempo è scaduto, i rimedi devono essere messi in atto al più presto, altrimenti quello che sta accadendo in Grecia potrà accadere anche da noi.
Il 2012 si avvicina, paure ataviche riaffiorano, vengono alla mente le immagini del terzo mondo, uomini e donne mezzi nudi, sporchi, vestiti di stracci, occhi lucidi e pance gonfie. Vengono alla mente le file davanti alla CARITAS nelle nostre città, immagini come le guerre razziali di Losarno, gli sfrattati nelle tende, i barboni sempre più numerosi davanti alle stazioni.
Tornano alla mente i racconti dei nostri nonni, del secondo dopo guerra, poco più di 65 anni fa!
Sembrano secoli, ma invece perdere diritti e qualità della vita è più semplice di quanto immaginiamo, semplice e rapido. La RdB insieme a tutto il movimento sindacale, come tutti i lavoratori/cittadini, ha il dovere di non permettere anessuno di ridurci alla povertà. Bisogna far sentire la nostra opinione, alzarela testa, affinché inizi una nuova stagione, fatta di uomini nuovi e di nuoveidee. Bisogna con i mezzi di cui dispone la democrazia migliorare la nostra classe dirigente, non parliamo solo del Parlamento Nazionale, ma delle Regioni, delle Provincie, dei Comuni. Bisogna con tutti i mezzi a nostra disposizione rifuggire dalla logica qualunquista e perdente del menefreghismo, torniamo a credere nella nostra forza, iniziamo a partecipare alla vita pubblica, così le scelte fatte da altri saranno controllate e caso per caso condivise o contestate.
Informiamoci, l’informazione non è solo un diritto ma anche un dovere, parliamo con i colleghi e con gli amici, in famiglia. Parliamo di quello che sta accadendo, disprezziamo l’evasore, denunciamo il corruttore, tentiamo tutti insieme di diffondere una nuova cultura che ponga le basi per una nuova Nazione, finalmente unita, in una unica visione, quella di uno Stato libero dai corrotti e dai corruttori, dagli evasori, dai politici inetti e compiacenti. Liberi dai manager super pagati, liberi dai banchieri ingordi e dagli speculatori senza scrupoli. La Grecia vuole uscire dalla crisi riducendo alla fame gli statali, più ingenerale, riducendo alla fame tutti i cittadini, almeno quelli che non si sono arricchiti in questi anni in Borsa o costruendo case ovunque. La ricetta della classe dirigente greca con la benedizione della UE e del FMI è quella di far pagare la crisi alla classe media e medio bassa. La Grecia per molti aspetti ci somiglia, l’indice di corruzione è altissimo, l’evasione fiscale rappresenta la regola, hanno truccato i bilanci dello Stato, la spesa pubblica è senza controllo. Oggi molti greci si interrogano sul loro futuro, ma anche sul loro passato, forse la responsabilità è condivisa, tacere è dare consenso a chi ci governa.
La crisi è di sistema lo ha riconosciuto anche il presidente della BCE Trichet, le misure varate potranno di nuovo essere insufficienti, perché i grandi speculatori in accordo con le grandi banche, le agenzie di rating, non hanno a cuore il nostro destino, ma il loro portafoglio. Se i Governi compreso il nostro, non inizieranno a fare guerra a questo modo di fare affari e dipensare, se non si tornerà a parlare di etica, di economia reale, di lavoro, di uomini, il 2012 potrebbe essere davvero la fine del mondo, almeno di quello che pensavamo di aver conquistato.