Ancora una vittima del dovere

Questo ennesimo episodio deve far riflettere tutta la categoria sul tipo di lavoro che svolgiamo e in quali estreme condizioni ci troviamo ad operar

Roma -

Nell'esprimere il profondo cordoglio ai familiari del vigile perito tragicamente durante l'intervento dell'incendio di Palermo e nella speranza che i colleghi rimasti feriti riprendano la piena efficienza fisica nel più breve tempo possibile la RdB, senza fare nessuna demagogia, ritiene necessario fare alcune considerazioni sulle condizioni di lavoro e di pericolosità che i vigili del fuoco si trovano ad affrontare in ogni intervento e quello di Palermo non è un caso limite ma è la normalità.

Ed è proprio questa impossibilità di prevedere che cosa può accadere durante un intervento è uno degli elementi che definisce il nostro lavoro più pericoloso di ogni altro. Lo dimostra, dati alla mano, il considerevole aumento di morti ed un incremento di infortuni invalidanti degli ultimi anni che ci deve fare riflettere.

Ci rendiamo conto che solo dopo disgrazie come queste di come siamo considerati e gestiti dai governanti di turno che ci usano speculando sulla nostra funzione per i loro scopi politici piuttosto che interessarsi alle nostre vere esigenze di lavoratori. Questa insensibilità dei politici si è dimostrata nell?ultima riforma dei ministeri che continua a relegare il Corpo nazionale a un ruolo di effettiva manovalanza.

E siamo consapevoli anche del fatto che ogni giorno ci mandano allo sbaraglio; ci fanno lavorare con bieca approssimazione; si divertono a ridurre gli operatori nelle squadre; snobbano la precarietà dell?addestramento, dei mezzi e delle attrezzature; ignorano le nostre richieste di aumento dell?organico e di riorganizzazione del Corpo nazionale come asse portante della Protezione Civile.

Ma non solo. Nei contenuti del nuovo contratto non c?è per ora nessun elemento che consideri la nostra attività come particolarmente usurante. Tanto meno nell?ultimo decreto varato dal governo sulla revisione delle categorie usuranti non hanno tenuto in debito conto della bassa aspettativa di vita dopo aver svolto trentacinque anni di lavoro particolarmente usurante.

Su questi punti però non è detta l?ultima parola. Ci sono ancora gli spazi per far valere le nostre posizioni di lavoratori che svolgono una attività che non è solo usurante, ma particolarmente usurante e di farci riconoscere i benefici pensionistici previsti e batterci per avere una collocazione adeguata come organo principale della Protezione Civile

Noi non possiamo dimenticare i colleghi che hanno perso la vita nell?espletamento del loro dovere e nemmeno accettare che certi fatti cadano nella voragine della dimenticanza e che tutto ritorni a funzionare come prima tra il menefreghismo generale dei carrieristi e dei politici di turno.