Il convegno del 21 luglio

La relazione introduttiva e le conclusioni sul convegno organizzato dalla RdB dal titolo "organizzazione della protezione civile in Italia" tenutosi p

Roma -

Relazione introduttiva

"Organizzazione della protezione civile in Italia"

Per decidere l'impostazione di una efficiente organizzazione di protezione civile non si può ignorare l'ambito in cui questa organizzazione va ad operare. Di conseguenza è necessario un esame attento del territorio e dei rischi che questo naturalmente racchiude in se.

Il territorio italiano ha caratteristiche geofisiche piuttosto instabili. Si tratta di una penisola relativamente lunga e stretta, soggetta alla spinta della zolla africana verso il nord Europa. C'è inoltre la presenza di diversi vulcani attivi e intere zone interessate da attività di origine vulcanica. Questo significa che il rischio sismico è costante e rilevante. Investe circa il 45% del territorio dove 350 comuni sono stati classificati a rischio di prima categoria. Negli ultimi 20 anni i danni da terremoto hanno superato i 120 mila miliardi con la perdita di migliaia di vite umane, ma bisogna considerare che negli ultimi due secoli si sono verificati eventi molto più catastrofici che negli ultimi venti anni.

La conformazione orografica è caratterizzata dalla presenza di catene montuose ancora relativamente giovani e sensibili sia alle spinte di origine tellurica che all?azione degli agenti erosivi. Di conseguenza anche l'assetto idrogeologico è complesso, soggetto a continue variazioni e dissesti. Negli ultimi 75 anni il 68% dei comuni italiani è stato colpito da inondazioni o da movimenti franosi con un costo medio di settemila miliardi di lire oltre alla perdita di centinaia di vite umane. A volte basta una pioggia di troppo per mettere in evidenza la fragilità del territorio. Poco più di un anno fa un mare di fango investiva Sarno ed altri paesi limitrofi seminando morte e distruzione solo perché erano state ignorate, trascurate e sepolte le opere di prevenzione predisposte dai nostri antenati. Anche il mare che bagna le lunghissime coste italiane provoca, anche a causa dell?attività dell?uomo, una continua attività di erosione che spesso si collega a violenti nubifragi provocando frane e alluvioni nelle zone costiere. Gli incendi di intere zone boscose o di macchia mediterranea sono una costante ciclica disastrosa con pesanti ricadute sull'impatto ambientale.

Su questo territorio, geodinamicamente piuttosto vivace, idrogeologicamente alquanto instabile, fortemente esposto ai fenomeni climatici, l'uomo ha costruito nel tempo installazioni di ogni genere: residenziali, infrastrutturali, industriali, chimiche, nucleari ecc? L'attività di queste stesse installazioni richiede una intensa circolazione di merci e di materiali più o meno pericolosi. Quindi non sono solo le installazioni a racchiudere in se rischi potenziali, anche l?attività che queste producono comporta ulteriori rischi. Ricordiamo il tragico disastro del Vajont, di quella che all'epoca doveva essere la più grande diga del mondo, ma anche il disastro più recente dell'incendio sviluppatosi nella galleria sotto il Monte Bianco.

Tale condizione richiede un'attività di protezione dell'uomo, del suo lavoro e dei frutti che ne ricava, degli insediamenti urbani e industriali, delle infrastrutture, dell'ambiente in cui l'uomo vive e trae le risorse per la sua esistenza. E' necessaria quindi una organizzazione di protezione civile capace di svolgere l'attività di previsione e prevenzione, il monitoraggio permanente del territorio, la predisposizione dei piani di rischio e i relativi piani d'intervento in caso di micro e macro emergenze.

In questo contesto va pensata l'organizzazione della protezione civile. Un'organizzazione di questo tipo ha bisogno di essere diffusa e articolata su tutto il territorio nazionale e dotata, nello stesso tempo, di una capacità di sintesi e di coordinamento sul piano nazionale delle risorse disponibili in termini di uomini, mezzi e attrezzature, sia per realizzare la raccolta e la classificazione dei dati che per organizzare i soccorsi.

Per ragioni di sintesi, per non vanificare il lavoro già fatto, anche se perfezionabile, elaboriamo un ragionamento sulla natura e sulle finalità di questa organizzazione a partire dalla definizione di protezione civile data dalla legge 225/92. Questa legge al comma 1 dell'articolo 3 recita testualmente: "Sono attività di protezione civile quelle volte alla previsione e prevenzione delle varie ipotesi di rischio, al soccorso delle popolazioni sinistrate ed ogni altra attività necessaria ed indifferibile diretta a superare l'emergenza connessa agli eventi di cui all'articolo 2." Per maggiore comprensione riportiamo anche l'articolo 2 della stessa legge che recita: "Ai fini dell'attività di protezione civile gli eventi si distinguano in: a) eventi naturali o connessi all'attività dell'uomo che possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria; b) eventi naturali o connessi all'attività dell'uomo che per loro natura ed estensione comportano l'intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria; c) calamità naturali, catastrofi o altri eventi che per intensità ed estensione debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari." In un altro articolo la medesima legge specifica che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è la componente fondamentale della protezione civile.

Abbiamo quindi un contesto già ben definito: una situazione di rischio permanente annidato tra le pieghe della conformazione del territorio, gli impianti e l'attività dell'uomo; una strutturazione già data dell'organizzazione di protezione civile che mette al primo posto l'attività di previsione e prevenzione e le collega con l'attività di soccorso e di ripristino della vivibilità delle zone colpite.

A queste conclusioni gli organismi dello Stato ci sono arrivati dopo decenni di esperienza, innumerevoli dibattiti parlamentari, numerose leggi collegate alla gestione dei grandi eventi calamitosi, decine di avvenimenti che ogni volta hanno rimesso in discussione l'operato precedente evidenziandone le debolezze, due leggi fondamentali sulla protezione civile alle quali si è giunti dopo migliaia di ore di dibattito parlamentare e innumerevoli ragionamenti. Ci riferiamo alla legge 996/70 e alla legge 225/92.

La quantità di esperienza accumulata ci ha insegnato la necessità dell'azione coordinata delle forze che concorrono all'attività di protezione civile sia nelle fasi critiche dell'emergenza, ma anche nelle fasi dell'attività di previsione e prevenzione. Da qui la necessità di uno stretto collegamento tra le strutture di protezione civile e della conoscenza comune dei piani di azione.

Le strutture che svolgono l'attività di rilevazione e di ricerca devono comunicarne i risultati alle strutture che sulla base dell'incidenza e del potenziale di rischio predispongono i piani d'intervento con le relative unità da impiegare tenendo conto delle specifiche competenze e professionalità. Bisogna inoltre curare l'addestramento di queste unità, anche attraverso manovre simulate di esercitazione, ma soprattutto curare la diffusione della cultura di protezione civile tra la popolazione e nelle scuole.

Senza l'impostazione di questo meccanismo l'attività di previsione e prevenzione rimane fine a se stessa, non diventa l'elemento di valutazione per la predisposizione dei piani e delle forze d'intervento e neanche può essere impiegata come elemento di conoscenza tra le popolazioni interessate da situazioni di instabilità del territorio.

Questo significa che le strutture di protezione civile non devono essere coordinate solo durante le emergenze, ma anche durante l'attività di previsione e prevenzione. Quindi esiste il problema di definire una struttura di coordinamento presente su tutto il territorio nazionale in maniera articolata, capace di svolgere attività di consulenza agli amministratori locali per elaborare mappe di rischio a livello territoriale, ma anche di collegare queste mappe ad una rete nazionale che sintetizzi l'indice di rischio generale e valuti l'impatto complessivo delle forze disponibili a livello nazionale. Serve una struttura in grado di censire le associazioni di volontariato, di contribuire alla loro formazione ed esercitazione, di coordinarne l'impiego in riferimento al tipo di evento e alle specializzazioni dei volontari.

Questa struttura oggi non può che essere il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, servizio da rafforzare e ristrutturare per farlo diventare la struttura operativa e di coordinamento dell'attività di protezione civile.

Negli anni passati lacune organizzative, dualismi e conflitti di competenze hanno negativamente segnato la capacità d'intervento della protezione civile. Però ogni volta si è dimostrato determinante il ruolo svolto dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco che invece, nonostante la legge 996/70, ha avuto una collocazione marginale nell'impostazione dell'attività di protezione civile.

Ora, nello schema di decreto legislativo sulla "riforma dell'organizzazione di governo" non solo i principali organismi che concorrono all'attività di protezione civile sono stati frastagliati in più ambiti ma, con la riproposizione del dualismo "Agenzia di protezione civile - Corpo nazionale dei vigili del fuoco", continua ad essere delegato il Ministro dell'Interno che riveste più una funzione di controllo politico del territorio che di attività tecnica.

Di fronte a questa ipotesi ci siamo chiesti: si tratta di una scelta giusta, funzionale ed economica per realizzare un'efficiente ed efficace organizzazione di protezione civile, oppure è una scelta di circostanza funzionale alla regolazione degli equilibri politici del momento?

Abbiamo tutto il rispetto per chi si deve preoccupare degli equilibri politici contestuali, ma siamo convinti che l'organizzazione della protezione civile richieda uno sforzo in più, superiore alle condizioni politiche di circostanza e senza che queste siano viziate da eventi calamitosi in atto. Conosciamo la tendenza a parlare di protezione civile quando si verificano disastri, più raramente se ne parla quando le acque sono tranquille.

In questa fase di riforma dell'organizzazione del governo gli autori della riforma dovrebbero prendere in considerazione i problemi strutturali della protezione civile e non quelli di circostanza. Chi pone problemi di compatibilità economica evidentemente non ha valutato attentamente la natura della protezione civile che non è direttamente produttiva ma i suoi effetti si valorizzano in rapporto al contenimento delle perdite.

Per avere meno perdite possibili è necessaria una strutturazione in grado di sostenere l'impatto con gli eventi. La forma più economica e funzionale di impostare questa struttura consiste nell'evitare duplicazioni e sovrapposizioni con inutili e dispendiosi, a volte anche controproducenti, conflitti di competenze. Una struttura di protezione civile, oltre agli organismi organizzativi e di direzione, dovrebbe contenere i servizi che svolgono attività tecniche di ricerca e monitoraggio del territorio e le strutture operative che abbiano la capacità di mobilitare ingenti quantità di uomini e mezzi per le operazioni di soccorso. Tale sistema dovrebbe avere una forte connessione con le componenti dei lavori pubblici e dell'ambiente specialmente nelle fasi dell'attività di previsione e prevenzione.

Una organizzazione di questo tipo dovrebbe ricevere le direttive dal Presidente del Consiglio dei Ministri che è il titolare per la dichiarazione dello stato di emergenza, il quale può delegare, ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, il Ministro per il coordinamento della protezione civile. La protezione civile potrebbe continuare ad essere un dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri vista l'importanza e la delicatezza dell'attività che svolge. Altre ipotesi, benché praticabili, potrebbero essere causa di disfunzioni accertabili solo a seguito del verificarsi di un evento calamitoso. In ogni caso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco deve diventare parte integrante di questa struttura: innanzitutto perché svolge attività di protezione civile quotidianamente nelle più disparate circostanze, poi perché la sua diffusione su tutto il territorio nazionale lo rende indispensabile per svolgere la funzione di presenza costante a livello locale con capacità di coordinamento a livello nazionale.

Intorno a queste valutazioni abbiamo invitato ad intervenire rappresentanti del governo e delle forze politiche perché crediamo che l'organizzazione di protezione civile sia una questione di primaria importanza nell'ambito dell'organizzazione di governo. Una questione che non si esaurirà con l'approvazione del decreto legislativo entro il 31 luglio p.v.

Conclusioni del Convegno

La Rappresentanza Sindacale di Base Protezione Civile ha indetto questo convegno per approfondire le argomentazioni a sostegno della costituzione di una struttura unica di protezione civile, nell'ambito della riforma dell'organizzazione di governo, ai sensi della legge 59/97, che contenga le componenti che svolgono principalmente attività di protezione civile come i Servizi tecnici nazionali, il Dipartimento della protezione civile, la Direzione Generale della protezione civile e dei servizi antincendio e, in qualità di struttura di coordinamento nazionale e decentrato e di "braccio operativo", il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Con i lavori del convegno si è inteso dare ulteriori elementi di valutazione alla Commissione "bicameralina", costituita ai sensi dell'articolo 5 della citata legge 59/97, la quale esprimerà un parere sullo schema di decreto legislativo elaborato dal governo circa la riforma dell'organizzazione del governo. Gli stessi elementi di valutazione si intende darli anche al governo che dovrà emanare il decreto legislativo definitivo, tenendo conto del parere della Commissione "bicameralina".

Il convegno è stato un momento di studio necessario perché nello schema di decreto legislativo il governo non aveva preso in considerazione alcuni aspetti importanti dell'attività della protezione civile, frazionando le funzioni in più ambiti, ma soprattutto non aveva dato la necessaria centralità al Corpo nazionale dei vigili del fuoco nell'attività di protezione civile mentre, almeno da quanto risulta dai fatti e dalla lunga esperienza, è la struttura che per eccellenza svolge attività di protezione civile quotidianamente.

Il primo elemento che il convegno ha fatto cogliere è stata la tempestività dello svolgimento dei lavori rispetto all'argomento trattato e ai lavori in corso presso la Commissione cosiddetta "bicameralina", che stava esaminando lo schema di decreto legislativo per la riforma dell'organizzazione del governo.

Il dibattito è stato molto interessante ed è stato ben orientato dalla relazione introduttiva che, anche a giudizio dei convenuti, coglieva le parti essenziali dell'argomento senza divagare sui molteplici elementi circostanti che pure caratterizzano l'attività della protezione civile. Per avere questi requisiti la relazione introduttiva ha sacrificato quasi tutta la parte riguardante l'attività e le carenze attuali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco come struttura permanente di protezione civile. La relazione, infatti, è stata orientata ad attirare l'attenzione dei parlamentari e dei rappresentanti del governo sui problemi della protezione civile e sui limiti della riforma in corso piuttosto che ad analizzare le questioni interne e le difficoltà della protezione civile attuale.

Dopo la lettura della relazione introduttiva a cura del coordinatore nazionale della RdB Protezione Civile, Lucio Molinari, è intervenuto il Segretario nazionale della Cgil vigili del fuoco, Fabrizio Cola che ha esposto una critica abbastanza dettagliata sullo schema di riforma mettendo in evidenza la permanenza del conflitto di competenze tra l'Agenzia di protezione civile e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, conflitto che secondo lui potrebbe essere risolto inserendo il Corpo nazionale nell'Agenzia, e nella stessa dovrebbero convergere pure tutti i servizi tecnici nazionali. Sempre secondo Cola, il controllo politico dell'Agenzia dovrebbe essere affidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri che può anche delegare un Ministro, però rimane la titolare istituzionale dei poteri di indirizzo politico della protezione civile.

Il secondo intervento è stato del Senatore Luigi Manfredi, di Forza Italia, il quale, con notevole competenza per essere stato in passato capo del dipartimento della protezione civile, ha apprezzato l'iniziativa, ha sottolineato l'importanza di dibattiti come questo che servono anche per sollecitare l'attenzione del governo e delle forze politiche e sociali e a sviluppare la conoscenza culturale su una materia così importante e delicata come la protezione civile. Il Senatore ha tenuto a sottolineare il ruolo determinante del Corpo nazionale dei vigili del fuoco come forza permanente di protezione civile ed ha anche puntualizzato la sua particolare attenzione verso i vigili del fuoco volontari e le loro associazioni. Il Senatore, inoltre, ha affermato che protezione civile significa salvaguardia della vita umana dai rischi naturali e derivanti dall'attività dell'uomo, quindi occorre una struttura di protezione civile preposta specificatamente a tale compito e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco non può essere estraneo a tale struttura. Il Senatore ha poi informato i presenti di essere presentatore di una proposta di legge sull'organizzazione del servizio nazionale di protezione civile che prevede alcune modifiche alla legge 225/92. La stessa prevede il cambio di denominazione da Corpo nazionale dei vigili del fuoco in Corpo nazionale della protezione civile proprio a significare l'importanza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco nell'attività di protezione civile.

A questo punto il rappresentante RdB che presiedeva il dibattito, Enrico La Pietra, ha ritenuto necessario introdurre alcuni elementi di valutazione sullo stato attuale del Corpo nazionale citando solo alcuni dati specifici come le 70 ore di lavoro settimanale raggiunte dai vigili del fuoco per garantire il servizio; l'esistenza di circa 25.000 discontinui (precari), uomini e donne, rilevati dall'Amministrazione due o tre anni fa; la difficoltà di assicurare l'attività di vigilanza e prevenzione verso rischi come quelli dei maxi-tamponamenti oppure degli incendi boschivi per mancanza di personale; la difficoltà di impiegare il volontariato per mancanza di criteri di formazione e di interazione.

L'intervento successivo è stato del Direttore Generale della Protezione Civile e dei Servizi Antincendio, Prefetto Giulio Maninchedda, il quale in apertura ha subito snocciolato alcuni dati. Il Prefetto ha detto che la riduzione dell'orario di lavoro ordinario a 36 ore settimanali avrebbe richiesto un incremento di 2.100 unità. Invece l'incremento è stato solo di 588 unità. Se riduciamo l'orario a 35 ore settimanali per mantenere l'attuale rapporto dei carichi di lavoro bisognerebbe aumentare l'organico di altre 2.400 unità. In aggiunta ai dati esposti dal rappresentante RdB ha fatto presente le innumerevoli difficoltà incontrate per mantenere il contingente di 40 unità volontarie, oltre agli automezzi, in Albania. Di seguito il Prefetto Maninchedda ha affermato che solo il 5 o 10% degli interventi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono interventi di protezione civile, gli altri rientrano nell'attività istituzionale del Corpo che è il soccorso tecnico urgente. Per avvalorare questa affermazione il Prefetto ha domandato: "qual è l'elemento che contraddistingue gli interventi di protezione civile da quelli del soccorso tecnico urgente"? La risposta data da lui stesso è: "gli interventi di protezione civile sono quelli che richiedono un coordinamento di forze". Di conseguenza ha affermato il Prefetto, la scelta del governo di distinguere la collocazione del Corpo nazionale, lasciandolo alle competenze del Ministero dell'Interno, dalla protezione civile è giusta ed ha le sue ragioni.

Dopo il Prefetto Maninchedda è intervenuta l'Onorevole Maria Celeste Nardini, deputata del Partito di Rifondazione Comunista, che ha subito espresso l'impressione che in tutti gli interventi precedenti era stata data per scontata l'Agenzia. In questo modo si rischia di ridurre il tutto ad una mera questione organizzativa perdendo di vista l'obiettivo concreto della riforma. Dopo aver espresso la sua critica al sistema adottato per realizzare la riforma, un metodo che attraverso il sistema delle leggi delega espropria il Parlamento dalla possibilità di entrare nel merito degli argomenti, l'Onorevole Nardini ha affermato che secondo lei bisogna mettere al primo posto il suolo, la politica del suolo intesa come politica di tutela dell'esistenza umana da ogni rischio, compresi gli scempi causati da attività umane del tutto controproducenti rispetto alle effettive esigenze dell'umanità. Per perseguire questa politica bisognerebbe adeguare le scelte economiche alle necessità di ricerca e di tutela dai rischi e non subordinare questa tutela alle disponibilità economiche. Di seguito l'Onorevole Nardini ha affermato la centralità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco nell'attività di protezione civile e pertanto ha suggerito a tale struttura di cambiare nome, di chiamarsi protezione civile. Servirebbe un Ministero della Protezione Civile che è un'attività che ha a che fare con l'ambiente. L'Onorevole Nardini ha poi detto di stimare il volontariato, ma secondo lei lo Stato gli sta scaricando addosso troppe responsabilità, sempre più spesso si tende a sopperire alle carenze dello Stato con il volontariato. Rispetto alla formazione, anche quella del volontariato, l'Onorevole Nardini ritiene che bisogna stabilire chi fa la formazione e come la fa. Per scongiurare il rischio che questa si inefficace se non addirittura distorta è necessario regolamentare tale ambito. L'Onorevole ha poi domandato: ma cosa sarà l'Agenzia? Cioè si parla tanto di Agenzia senza entrare nel merito di come poi questo strumento amministrativo dovrà funzionare. In ogni caso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco deve essere il soggetto portante della protezione civile.

A questo è seguito l'intervento dell'Onorevole Giorgio Gardiol, deputato dei Verdi, che ha messo al primo posto l'importanza dell'attività di prevenzione, attività che ricopre un ruolo essenziale per i rischi rilevanti, l'industria e i trasporti. Secondo l'Onorevole Gardiol un Ministero della protezione civile forse è troppo, forse basta un'Autorità nel senso di Autority. Rispetto al volontariato l'Onorevole Gardiol ritiene che questo dovrebbe accettare senza problemi di essere coordinato da una struttura di protezione civile. Un'atra cosa importante è che la protezione civile venga coinvolta nelle fasi di progettazione di costruzioni, impianti e infrastrutture dato che queste per la loro stessa esistenza racchiudono dei rischi. Anche l'Onorevole Gardiol ha voluto suggerire al Corpo nazionale dei vigili del fuoco di cambiare nome riferendolo più direttamente alla protezione civile. Poi ha detto che il governo dovrebbe finanziare il necessario potenziamento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco indicando come fonti di reperimento delle risorse economiche i privati, le industrie, specialmente quelle con gli indici di rischio più elevati. Secondo lui questa riforma dell'organizzazione di governo spezzetta gli interventi di prevenzione riferiti al rilascio delle autorizzazioni dal Ministero dell'Industria, da quello dell'Ambiente, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dalla Commissione grandi rischi ecc..., ma forse è meglio avere competenze concorrenti in questo settore. Però, ha detto l'Onorevole Gardiol, la protezione civile dovrebbe essere collocata in un unico dipartimento generale.

Di seguito è intervenuto Walter Perin del Coordinamento nazionale RdB Protezione Civile che molto brevemente ha aggiunto altri elementi di valutazione: se il Corpo nazionale dei vigili del fuoco non fa attività di protezione civile allora bisogna stabilire cosa deve fare; precisare le sue competenze. A suo parere, ha detto Perin, gli interventi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono all'80% e più tutti di protezione civile. Infatti se adottiamo il criterio del Prefetto Maninchedda, ogni volta che intervengono i vigili del fuoco intervengono anche carabinieri o polizia, croce rossa o misericordie, volontari, enti locali, vigili urbani, forestale ecc... quindi i vigili del fuoco sono la parte essenziale della protezione civile.

E' poi intervenuto il Professor Franco Barberi, Sottosegretario all'Interno e alla Protezione civile, che ha innanzitutto dichiarato di essere d'accordo con la relazione, ha posto l'accento sull'importanza dell'attività di previsione e prevenzione e sulla preparazione e organizzazione anche per i grandi interventi. Un elemento importante della protezione civile e fare tesoro dell'esperienza. Per esempio nel terremoto in Irpinia del 1980 ci sono volute 48 ore per capire la gravità e l'estensione territoriale della calamità; nel 1994 nell'alluvione in Piemonte, nessuno avvisava i paesi a valle dell'ondata di piena in arrivo. Il Professore ha spiegato che mentre i morti per conseguenza di un terremoto sono vittime di una calamità che ancora non si può prevedere, ogni morto a causa di un'alluvione testimonia un sistema che non funziona. Ha chiarito poi che il problema della titolarità del coordinamento delle forze che concorrono all'attività di protezione civile si pone per avere un soggetto super partes rispetto alla competenza tra i ministeri per questo è stata importante finora la funzione di indirizzo politico della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Sono stati fatti grossi passi avanti rispetto all'analisi dei rischi e all'attività di prevenzione, grazie anche alla comunità scientifica dei geologi, e all'attività di previsione e di monitoraggio del territorio. Per esempio il tempo impiegato per valutare l'estensione e la gravità del sisma in Umbria nel 1997 è stato di soli 30 minuti contro le 48 ore occorse per il terremoto del 1980, in Umbria, inoltre siamo riusciti a dare ricovero a 15.000 in un giorno.

Sulla questione del volontariato di protezione civile, che è altra cosa dai vigili del fuoco volontari, il Professore ha detto che oggi ci sono strutture organizzate, anche sul piano nazionale e autonome. Il Dipartimento della protezione civile è comunque di importanza assoluta. Se non ci fosse non esisterebbe neanche il monitoraggio sismico, idro-pluviometrico (anche se un po' scadente) grazie alle leggi sull'incentivazione della prevenzione sismica e idrogeologica. Secondo il Professore Parlamento e Governo sono disattenti su queste questioni. Spesso la protezione civile viene accusata di interferenze dal Ministero dei lavori pubblici. Il problema è conoscere il rischio e intervenire prima dove il rischio è più alto. Attività di prevenzione significa anche dare un ruolo specifico a tutti.

Per cogliere gli aspetti più importanti della protezione civile bisogna analizzare i difetti del sistema. Le prefetture e i prefetti sono organicamente inadatti a gestire le competenze di protezione civile. Le prefetture non fanno la pianificazione delle emergenze. Quando il Dipartimento ha richiesto i piani di emergenza alle prefetture ne è emerso un quadro desolante. Il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è per eccellenza la struttura di protezione civile, anche solo per il fatto che è l'unica presente sul territorio 24 ore su 24. L'organizzazione della protezione civile potrebbe riflettere lo schema del sistema dell'ordine pubblico e la sicurezza dove il questore è responsabile tecnico delle operazioni mentre il prefetto supervisiona ma non interferisce. Il Comandante provinciale dei vigili del fuoco potrebbe essere come il Questore. In linea di principio il Sottosegretario afferma di aver già applicato questo criterio, ma bisognerebbe trasformare la prassi in diritto, in legge.

I vigili del fuoco devono essere la struttura operativa della protezione civile. Così si volta finalmente una pagina nel sistema di organizzazione della protezione civile. Il Professore ha continuato spiegando che rispetto all'omogeneità dei provvedimenti di protezione civile, problema sollevato da alcuni parlamentari sulla questione delle procedure di ristoro dei danni subiti dalla popolazione, sono stati fatti molti passi avanti. L'asse della spesa è stato spostato sulla prevenzione. Purtroppo il Tesoro ha sempre posto il veto a qualsiasi proposta di legge quadro sulle calamità e a qualsiasi criterio di automatismo. Non siamo riusciti a far passare nel collegato alla finanziaria un articolo che introduceva l'assicurazione contro le calamità, eventuali benefici avrebbero finanziato gli interventi di prevenzione.

In conclusione il Professor Barberi ha affermato che la forma Agenzia avrebbe una funzione super partes rispetto alle diverse competenze dei ministeri. Ha accennato anche alle ricadute che l'attività di protezione civile ha sul territorio e sull'ambiente. Comunque la condizione ottimale sarebbe che la vigilanza politica dell'Agenzia fosse affidata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

L'intervento conclusivo del convegno è stato fatto da un componente del Coordinamento nazionale RdB Protezione Civile, Enrico La Pietra, il quale ha subito tenuto a precisare che l'iniziativa del convegno è stata fatta dal sindacato RdB con l'obiettivo principale di capire quali sono gli strumenti più idonei alla tutela dei lavoratori del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, perché la riforma in atto trasforma il rapporto di lavoro e questo incide sull'attività lavorativa. Non c'è nulla di corporativo in questo intento perché un servizio di protezione civile efficiente oltre a dare migliori condizioni di lavoro ai lavoratori del settore è anche uno strumento di garanzia e di tutela per tutta la popolazione.

La RdB non concorda con la forma Agenzia, come non condivide tutto l'impianto della riforma dell'organizzazione di governo innanzitutto perché con questo sistema legislativo di fatto il Parlamento è stato esautorato dei suoi poteri; poi perché è cosciente che l'obiettivo reale del governo non è la funzionalità della pubblica amministrazione ma la riduzione dei costi della spesa pubblica, anche attraverso una drastica riduzione del numero dei dipendenti pubblici. L'altro obiettivo principale è quello di rendere la pubblica amministrazione funzionale agli interessi delle imprese. La forma Agenzia non è condivisibile perché rientra in questo contesto e non per il suo aspetto di forma amministrativa che sarà possibile verificare solo dopo l'avvio della riforma. Su questo non ci resta che attendere l'esito del parere della Commissione "bicameralina" e il testo definitivo del decreto legislativo che il governo deciderà di varare. In questo senso l'abbiamo scritto a conclusione della relazione: la questione non si esaurisce il 31 luglio con la pubblicazione del decreto legislativo.

Per quanto riguarda il sistema di protezione civile riteniamo che la frammentazione delle strutture che concorrono all'attività di protezione civile scelta dal governo nello schema di decreto legislativo sia del tutto controproducente all'attività della protezione civile e anche contraria al mandato della legge delega che prevede l'eliminazione di duplicazioni organizzative e funzionali. L?attività della protezione civile deve essere caratterizzata dai suoi elementi principali che sono la previsione e prevenzione dei rischi, quindi è necessario costituire uno stretto collegamento tra strutture della protezione civile che svolgono attività di ricerca e monitoraggio e quelle che predispongono i piani di intervento in base agli indici di rischio e organizzano i soccorsi. Per questo è importantissima l?attività dei servizi tecnici nazionali nell?ambito della protezione civile e uno stretto collegamento di questi con il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

La RdB resta ferma nella convinzione che le funzioni di indirizzo della protezione civile dovrebbero essere affidate alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, soprattutto perché al Presidente compete la dichiarazione dello stato di emergenza, ma se proprio questo non è possibile perché il governo vuole alleggerire la struttura amministrativa della Presidenza riducendola al solo entourage del Presidente, allora il Ministero più competente sarebbe quello costituendo del territorio e ambiente, anche se l?attuale Ministro dell?Ambiente ci ha fatto sapere di essere di parere diverso. Non sono poche infatti le ricadute in ambito territoriale e ambientale dell?attività di protezione civile.

Non si può negare che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco faccia quotidianamente l?attività di protezione civile. Su questo non c?è alcun dubbio specialmente se si tiene conto della legge 996/70 e del lunghissimo dibattito parlamentare, sviluppatosi intorno alle proposte di quella legge durato due anni, e della definizione dell?attività di protezione civile data dalla legge 225/92. Non a caso abbiamo voluto citare testualmente nella relazione gli articoli specifici. Non a caso all?ultimo congresso abbiamo deciso di modificare la nostra denominazione sindacale in RdB Protezione Civile. Da allora abbiamo formalizzato un progetto che punta alla realizzazione di una struttura di protezione civile moderna ed efficiente dove il Corpo nazionale dei vigili del fuoco costituisce il perno centrale.

Chiudiamo qui i lavori di questo convegno dove il dibattito franco e aperto ci è servito per capire e valutare ulteriori risvolti della complessa attività di protezione civile. Certamente il dibattito non è esaurito e non pensiamo di concludere qua la nostra iniziativa. Valuteremo le decisioni della Commissione "bicameralina", vedremo come il governo recepirà, se le recepirà, le indicazioni della Commissione, vedremo il testo del decreto legislativo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e poi decideremo come procedere e in quale direzione la nostra lotta.

Grazie a tutti per la partecipazione.

P.S. Per ragioni di impegni parlamentari inderogabili non hanno potuto partecipare al convegno anche se avevano previsto la loro partecipazione:

On. Paolo Cento, On. Domenico Maselli, Sen. Franca Prisco D’Alessandro, Sen. Giovanni Russo Spena.

Hanno invece inviato propri rappresentanti in veste di uditori:

On. Adriana Vigneri, L’Ispettore Generale Capo del Corpo nazionale vigili del fuoco.