MENSA DI SERVIZIO, SCONFITTA O GRANDE OPPORTUNITÀ?

Nazionale -

Lavoratori,

è dalla notte dei tempi che sentiamo ripetere questo ritornello: “ai pompieri puoi togliere tutto ma non toccargli l’orario di lavoro e la mensa, altrimenti ci sarà una sommossa”. Sarà così???!!!???

Siamo ormai ad un mese da quando l’amministrazione ha emanato una circolare (DCRLS 1/2017 del 17/01/2017), nella quale si comunica che dal 1 gennaio 2018, verrà tolta nelle sedi distaccate la mensa serale, che sarà sostituita con il buono pasto. Questa decisione unilaterale era stata preceduta da una sperimentazione già partita un anno fa in quattro Regioni (Calabria, Puglia, Campania, Sicilia) che non ha però prodotto alcuna sommossa, anzi. I dati della ricognizione territoriale evidenziano una stragrande maggioranza di lavoratori, che appoggiano questa scelta e che vorrebbero fruire di questa possibilità anche per il pranzo.

Il risultato sembra stupefacente in realtà le ragioni di questa “non scelta”, affondano negli anni addietro, siamo infatti pieni di vertenze su tutto il territorio della scadente qualità dei servizi mensa dei vari “comandi”, fatti di derrate scadute e mal conservate, di insetti infestanti che abitano indisturbati le cucine delle nostre mense, alimenti di dubbia qualità, tabelle nutrizionali disattese ovunque. Insomma un disastro che vede quasi giornalmente mense chiuse per topi e blatte, fino ad arrivare ai 117 intossicati alla mensa di Milano nel 2012. Ma non è finita, nei distaccamenti con mense autogestite si è costretti a mangiare con appena 3,80 euro pro capite a pasto, dopo essersi fatti la spesa, aversi cucinato e lavato i piatti. Con gli stessi soldi i lavoratori devono anche comprarsi tutti gli accessori al vitto come saponi, tovaglioli, guanti, pellicole, strofinacci, perché i “comandi” nemmeno questo riescono a fornire a chi si cucina da sé generando così enormi risparmi. È chiaro dunque che in un quadro come questo, quando arriva una proposta del genere (buono pasto da 7 euro), i lavoratori non ci pensano due volte e scelgono quest’ultimo strumento, a maggior ragione quando optando per il ticket elettronico, si garantisce l’esenzione fiscale e la cumulabilità fino a 10 buoni.

Riteniamo come O.S., che su questo tema, si possa trovare un’intesa partendo da alcuni paletti stabiliti a livello centrale per dare un minimo di omogeneità e poi lasciare che la contrattazione decentrata, dove meglio si conoscono le realtà territoriali faccia il resto. Si potrebbe infatti prevedere il pieno rispetto della volontà dei lavoratori delle singole sedi, nel decidere che tipo di mensa vogliano attraverso un referendum, si potrebbe stabilire che il buono pasto è un sostituto della mensa di servizio che rimane però prioritaria (ove richiesta) cosa che permetterebbe di salvare i lavoratori in appalto che non possono essere riassorbiti in altri ambiti, e che il buono non esclude il mantenimento e l’utilizzo della cucina (come fatto in Campania) e in alternativa la possibilità di convenzione, dove è possibile consumare il buono in esercizi commerciale convenzionati, attraverso convenzioni sede per sede, anche qui da demandare alla contrattazione locale.

Altro aspetto importante da stabilire in un ipotesi di intesa a livello centrale, è quello di agganciare la rivalutazione del buono pasto al costo della vita, consentendo che esso sia sempre in linea con l’inflazione, evitando così quello che successe per i 3,80 euro che sono rimasti gli stessi dal 2008.

Risibile appaiono le motivazioni di chi invece paventa cambi d’orario, che si nasconderebbero dietro questa scelta, che ricordiamo afferisce invece alla sfera contrattuale.

Riteniamo come O.S., che su questo tema, non si possa trovare un’intesa se non partendo dal diritto alla mensa. La nostra amministrazione è allineata con le volontà politiche della privatizzazione e precarizzazione. È chiaro e trasparente il progetto dello smantellamento del servizio mensa tramite il ricatto del risparmio basato sul licenziamento del personale che espletata questo servizio con contratti di schiavitù precaria.
Un accordo cercato per obbedire al risparmio e al licenziamento in cambio di una "pancetta" che verrà distribuita magari con il metodo "fondo umiliante amministrazione".
Noi siamo un sindacato e riteniamo che il diritto al lavoro è fondamentale e non possiamo scendere a compromessi che ledono la dignità di tutti i lavoratori. Sarebbe interessante far partecipare le future cuoche licenziate al prossimo tavolo, per ricordare quale è il compito del Sindacato!!!

Per completezza e a sostegno di tali ragioni invece c’è da aggiungere che i risparmi derivanti da questa operazione (2 milioni stimati, ma potrebbero essere anche di più), finiranno per intero nel fondo per il soccorso e saranno interamente ripartiti ai lavoratori in fase di contrattazione decentrata di secondo livello. Naturalmente se volete fare una prima stima il calcolo è semplice: 2000000:33000=??? … certo che se paragonato alla qualità della vita, al diritto alla mensa, alla mancata assunzione dei cuochi ed infine al fatto che riempiranno le nostre sedi di servizio di macchinette distributrici di cibo, a gettoni, caldo/freddo.... a noi tutti la scelta!!??!!

IL DIRITTO ALLA MENSA SIAMO NOI CHE POSSIAMO PERDELO SE NON VALUTIAMO BENE LE NOSTRE SCELTE!!!

ESIGIAMO IL DIRITTO DELLA REINTERNALIZZAZIONE DEI SERVIZI

ESIGIAMO L'APPLICAZIONE DELLA RISOLUZIONE “FIANO”