QUANDO LA FRETTA È CATTIVA CONSIGLIERA

Nazionale -

Lavoratori,

sicuramente tra i tanti detti popolari ne abbiamo sentito qualcuno del tipo che la gatta frettolosa ha fatto i figli ciechi, oppure che la fretta è sempre cattiva consigliera, perché non dimentichiamoci mai della celebre locuzione del filosofo tedesco Gotthold Ephraim Lessing, “l’attesa del piacere è esso stesso il piacere”.

E di questo vogliamo trattare questa volta, del fatto che la fretta sovente si rivela una cattiva consigliera se non anche fraudolenta, specialmente quando si è annebbiati dal piacere di rivalsa, rischiando così di ritrovarsi a fare delle figure barbine.

Figura barbina proprio come quella del comandante provinciale di Pescara, ing. Vincenzo PALANO e, proprio per evitare che la fretta svilisca l’eccellente operato del sindacato a difesa del diritto di critica, volutamente abbiamo preso tutto il tempo necessario per trattare l’argomento di questo comunicato, anche perché, benché si tratti di una circostanza accaduta negli scorsi mesi, è una tematica del tipo che “non ha scadenza”.

Prima di tutto, però, preferiamo ricordare che l’attività sindacale è di fatto tutelata dall’art. 39 della Costituzione della Repubblica Italiana che al primo comma recita testualmente “L'organizzazione sindacale è libera”.

La libertà sindacale rappresenta un articolazione della generale libertà di associazione di cui all’art. 18 della Costituzione. Essa si sostanzia nella libertà dei sindacati di svolgere liberamente la propria attività e ciò implica dunque libertà organizzativa e comunicativa. Prosegue col secondo comma testualmente “Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme stabilite dalla legge”. Esso va letto, oltre che unitariamente al terzo e quarto comma per quanto attiene lo scopo di attribuire maggior forza contrattuale grazie alla personalità giuridica, anche come marcatura del fatto che alcun obbligo possa essere imposto al sindacato e all’attività sindacale.

La Ratio Legis del costituente è quella di attribuire piena libertà ai sindacati in considerazione del loro ruolo di difesa dei lavoratori ed in opposizione a quanto accadde sotto il regime fascista, quando vi era un unico sindacato oggetto di forti controlli da parte dello Stato.

Ancora una volta, la nostra linea di difesa del lavoratore e del più debole ha dato i suoi frutti, portando “a casa” un ulteriore archiviazione di un procedimento disciplinare nei confronti di un lavoratore. Un risultato dal sapore più dolce e aromatico (esattamente come la bevanda alcolica per la quale è stata usata la locuzione di Lessing), perché l’attacco al lavoratore è stato in realtà un vero attacco alla nostra unione sindacale e al diritto costituzionalmente sancito di fare sindacato, perché il lavoratore in questione è membro del nostro consiglio nazionale.

L’episodio scatenante, in occasione di un intervista rilasciata a Tg3 Abruzzo, è di per se privo di rilevanza tanto da non farne menzione ma si è rivelato occasione ghiotta, per il solerte dirigente, per provare ad imporre la sua autorità con l’instaurazione di un procedimento disciplinare, fondato sul nulla, nei confronti di un membro del Consiglio nazionale di questo sindacato di base.

Che nelle sue scarpe ci fosse qualche sassolino?

Malgrado i vari tentativi bonari di rappresentare l’inopportunità dell’azione intrapresa, il sig. Comandante, a conclusione della convocazione, si è riservato il diritto di decidere.

Ma come, un comandante provinciale si riserva il diritto di decidere sull’operato di un sindacato e del suo modo di fare sindacato? Qui si rasenta la follia nel momento in cui un amministratore di lavoratori e quindi dello Stato si arroga la presunzione di volersi erigersi a giudice.

Per un sindacato non è mai facile giungere al bivio di dover scegliere se pubblicizzare o meno simili eventi perché, per forza di cose, espongono alla mancanza di autorevolezza nei confronti del personale dipendente. Uno dei regali più belli che si possa fare ad una persona è offrirgli la libertà intima di decidere, riconoscendogli, almeno sulla fiducia un elevato grado di autorevolezza, o anche solo per poterlo “pesare”.

Peso del quale ora siamo certi.

A questo punto, però, è doveroso uno spunto di riflessione: siamo sicuri che è persona idonea a ricoprire quel ruolo? È veramente un buon comandante provinciale per Pescara?

Confidiamo che nel tempo che sarà comandante di Pescara, vorrà provare ad assumere comportamenti decisamente più propositivi in termini sindacali.